Se a Monti fa paura la democrazia

Poco prima della nomina a senatore a vita di Mario Monti, il Financial Times aveva titolato: “In Italia bisogna sospendere la democrazia“. Per salvare, si fa per dire, l’economia (in realtà c’erano da tutelare gli interessi del capitalismo finanziario internazionale, di cui quello italiano è uno snodo centrale per le implicazioni sui mercati).

Dopo 13 mesi di governo Monti e, soprattutto, della sua Agenda, la tanto sbandierata (dai giornali, Corriere e Repubblica in testa) ricostituzione del centro democristiano e liberale (grasse risate) non c’è stata: nei sondaggi in testa c’è il PD, poi segue il PDL che si gioca il secondo posto sul filo di lana con il Movimento 5 Stelle, e poi, al di sotto del 10% (e in molte regioni sotto la soglia di sbarramento per accedere al Senato) il rassemblement (o armata brancaleone) composta da Fini, Casini e Montezemolo.

Nulla impedirebbe a Monti di essere il candidato premier del cosiddetto centro: non sta scritto da nessuna parte che per diventare Presidenti del Consiglio si debba per forza essere parlamentari (eletti o nominati) o che i senatori a vita non possano essere indicati come presidenti del consiglio. Se così fosse, per 13 mesi Monti avrebbe fatto il premier senza diritto. Carlo Azeglio Ciampi, infatti, nel ’93 assunse la guida di un governo tecnico senza essere senatore a vita, abbandonando la poltrona di presidente di Bankitalia. E lo stesso presidente tecnico, poi, sarà ministro delle Finanze del primo governo Prodi tre anni dopo.

Eppure l’oramai ex-presidente del Consiglio di misurare il consenso alla sua persona e alla sua agenda nelle urne elettorali non ci pensa proprio: ha negato al Centro l’utilizzo del suo nome, però ha annunciato che accetterà la premiership di coloro i quali si riconosceranno nella sua Agenda, che verrà pubblicata su un sito apposito nei prossimi giorni.

Mani libere, dunque, per giocarsi la partita nel dopo-elezioni: come è probabile, Bersani farà la fine di Prodi, perché al Senato PD e SEL non avrebbero la maggioranza. E Monti è dunque pronto a fare un Monti-bis, senza passare per le urne. Fantastico, no?

A proposito di Austerità, Enrico Berlinguer specificò nel 1978, in un’intervista a Guido Bimbi:

Noi intendiamo la politica di austerità in maniera assai diversa dai gruppi dominanti capitalistici, che vorrebbero e tentano di scaricare tutto il peso della crisi sulle masse popolari, di lucrare cosi più ampi margini di profitto, di conservare i loro privilegi. Austerità, per noi, vuoi dire una politica di rigore, di lotta agli sprechi, ai parassitismi, di severità che sia fondata sull’equità, che sia quindi mezzo di sviluppo produttivo e leva per una politica di radicale rinnovamento e di trasformazione sociale ed economica. 

Parole attualissime, eppure cestinate, allora come oggi, dalla Sinistra italiana. Sarà per questo che, in 30 anni, da una situazione in cui “prima i sacrifici ce li imponevano, ora devono chiederceli” di cui parlava Enrico, siamo tornati ad una in cui i sacrifici ce li impongono, commissariano la democrazia, ritenuta non funzionale all’andamento del sistema capitalistico mondiale, e continuano a mantenere intatti i propri privilegi, continuando a sfruttare liberamente il lavoro degli altri per lucrare ancora più ampi margini di profitto?

Il comportamento di Monti è inequivocabile. E’ quello della Sinistra che mi pare, ma sarà colpa mia, parecchio equivoco in questa fase.

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