L’#Ecuador senza barriere di Lenin Moreno

Il nome, a 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre, sembra quasi l’inizio di una barzelletta o l’affezionato ricordo di chi vedeva, come diceva Gaber, la Russia come una promessa.

Eppure da stanotte Lenin Moreno, 64 anni di cui 19 passati in sedia a rotelle a causa di un furto con sparatoria subito, è il 23esimo presidente eletto della Repubblica ecuadoriana, battendo al secondo turno il favorito Guillermo Lasso, banchiere sessantunenne rappresentante della destra finanziaria che per decenni ha dominato il Paese sudamericano.

Moreno, già vicepresidente dal 2007 al 2013, è membro dell’Alleanza Pais, l’unione dei partiti della sinistra ecuadoriana (Partito Socialista e Partito Comunista in special modo) che, dal 2006, ha attuato importanti riforme nel Paese, compresa quella costituzionale, per liberarsi dal gioco delle multinazionali che hanno imperversato sul continente latinoamericano e costruire attraverso la Revolucion ciudadana il “Socialismo del XXI secolo”.

Nel solco della tradizione socialista sudamericana, il movimento di Rafael Correa e Lenin Moreno è riuscito a unire, differentemente dalla sinistra post-comunista europea, il concetto di patria con quello di internazionalismo, stringendo importanti legami con i paesi governati dai partiti del Foro di San Paolo (Brasile, Perù, Venezuela, Uruguay e Bolivia) e riuscendo, tramite importanti riforme sociali, a ridurre la povertà (dal 36,7% al 22,5%) e aumentando i salari medi dell’1,5% all’anno.

Moreno ha comunque dovuto affrontare i contraccolpi di un governo, in carica da 11 anni, ingiustamente accusato di corruzione, e che è sempre più isolato sul continente, dopo l’impeachment della Presidenta Rousseff in Brasile, la sconfitta dei kirchneristi in Argentina e l’arroccamento di Maduro in Venezuela. Molti analisti davano infatti il candidato socialista, candidato al Premio Nobel per la Pace nel 2012 per le sue lotte per i diritti delle persone con disabilità, per perdente a seguito delle sconfitte dei partiti della sinistra sudamericana.

Quella di stanotte segna dunque un primo segnale di vita per il movimento socialista sudamericano dopo un biennio molto duro: l’Ecuador senza barriere di Moreno – che vuole continuare nell’opera di Correa, creando 200.000 posti di lavoro, riducendo l’orario lavorativo settimanale, finanziando università e ricerca in campo tecnologico (Internet in special modo), oltre che, naturalmente, l’abbattimento delle barriere fisiche ed architettoniche per le persone disabili – rappresenta l’inizio della riscossa per il Foro di San Paolo, con la destra liberista di Macri in picchiata in Argentina e l’ex-presidente Brasiliano Lula in picchiata nei sondaggi.

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