#Elezioni: il banco di prova del #M5S

Le prossime elezioni amministrative non sono ancora entrate nel vivo della campagna elettorale, ma fanno già discutere da tempo. Anzitutto, per una certa vaghezza sia nei nomi dei candidati, che continuamente mutano in genere e specie, sia nella data: presumibilmente sarà domenica 5 giugno, con buona pace per chi sfrutterà il maxi – ponte, che secondo il Ministro Alfano coinvolgerà solo pochi ricconi.

Pur emergendo già da tempo i vari fronti che si fronteggeranno, bisogna comunque rilevare che oggi più che mai, soprattutto alla luce del grande numero di candidati pescati dalla società civile, vista (ahinoi) l’ormai cronica assenza di politici di professione, risulta difficile formulare un’analisi nazionale, poiché ogni realtà locale rivela un mondo a parte, fatto di alleanze mutevoli e di pronostici altalenanti. Sicuramente, si può notare come alle prossime elezioni il M5S si presenterà con una veste nuova e, senza lasciarsi andare a frasi fatte, affronterà un vero e proprio banco di prova. Finora, sia alle politiche del 2013 sia alle europee del 2014, il Movimento era stato trascinato dal suo leader carismatico, ma i parziali insuccessi hanno costretto tutta la compagine a frenare i propri impeti rivoluzionari, a raffreddare i toni, per non cadere nel ridicolo, e a riprogrammarsi. Ecco che allora Grillo torna a fare spettacoli, la realtà del blog sfuma sullo sfondo, le comparsate televisive diventano la norma e un sano lavoro di opposizione diventa il centro gravitazionale del M5S.

I nomi che sono stati scelti con le Comunarie appartengono a personaggi molto diversi fra loro e questo si tradurrà inevitabilmente in esiti elettorali di differente tenore. Se, da un lato, non sembra essere svanita la tradizione dei candidati “normalissimi”, con poco carisma, perché devono essere dei meri portavoce, dall’altro lato, spiccano alcune nuove personalità intraprendenti, tutte al femminile: che sia nelle donne la svolta del M5S?

A Milano finora sembra essere andato in scena un teatrino piuttosto imbarazzante. Non è una novità che in Lombardia il Movimento faccia fatica ad emergere, ma gli strafalcioni che si sono susseguiti non aiuteranno certamente il trend a mutare. Era, infatti, stata scelta come candidata, in un’assemblea di pochi fortunati, Patrizia Bedori. Al di là delle pessime opinioni di chi scrive sul personaggio, la candidata si è vista costretta al ritiro perché non reggeva più la pressione mediatica che la coinvolgeva. Tralasciando il fatto che l’attenzione era interamente rivolta agli altri candidati, dopotutto non sembra essere stata una grave perdita per il Movimento. Il posto vuoto è stato prontamente riempiti dall’avv. Gianluca Corrado, del quale comunque non si hanno particolari notizie legate alla campagna elettorale.

Analogo silenzio sembra sortire il candidato a Napoli: Matteo Brambilla. Le origini brianzole (di Monza) e la fede juventina potrebbero non aiutarlo, ma se, nel mezzo della giungla politica partenopea, dovessero essere solo queste le ragioni della sua disfatta, allora potremmo dire veramente di aver raschiato il fondo.

Verrebbe, dunque, da dire: ma allora, se i candidati sono i soliti quique de populo, senza arte né parte, come si può credere che il M5S possa farsi valere alle prossime elezioni? È senz’altro vero e, a differenza delle precedenti elezioni, il Movimento non è assolutamente tra i favoriti, eppure può avere l’occasione per trovare una sua dimensione, un suo equilibrio e di esprimere una classe politica dal basso e propositiva. Gli esempi positivi in tal senso, come anticipato, sono entrambi di genere femminile e uniscono la penisola da Torino a Roma.

Chiara Appendino è la candidata torinese che cercherà di imporre la propria linea in uno dei feudi per eccellenza del centrosinistra, che schiera ancora un mostro sacro della sua tradizione come Piero Fassino. Lei, bocconiana, trentenne, figlia della borghesia torinese, con uno stage alla Juventus; i toni sono pacati e il programma è interamente votato ai valori della solidarietà, del bene comune e dell’innovazione tecnologica.

Il vero fantasista del M5S alle prossime elezioni, però, sembra essere Virginia Raggi, candidata a sindaco di Roma. Nello scenario più incerto, più combattuto, ma forse l’unico caso in cui il M5S sembra partire favorito, nella realtà più complessa e più devastata dopo lunghi anni di malgoverno, emerge una giovane mamma, avvocato in carriera in uno dei più importanti studi della capitale, e appena uscita dall’esperienza come consigliere comunale. Questo primo incarico pubblico le permette di rivolgersi ai cittadini come quella che conosce già la macchina capitolina, come quella che da anni si batte per cambiarla, tanto che non perde occasione per ricordare le svariate proposte di riforma in ogni settore dell’Amministrazione. Anche lei si contraddistingue per i toni pacati e per l’uso della prima persona plurale in ogni suo intervento. Ha voluto partire dalle periferie, dove peraltro vive, per far capire la sua scala di priorità e come la sua intenzione sia quella di risollevare la città partendo da chi più soffre, trascurando le caste che sono emerse con Mafia Capitale.

Nell’immaginario mediatico si è imposta come l’alternativa grillina della Boschi, su altri livelli, con altre difficoltà, ma con la perenne battaglia da combattere: l’affermazione della donna giovane e in carriera per il tramite delle sue qualità e dei contenuti che sa esprimere, piuttosto che per un’immagine piacevole agli occhi del pubblico, l’assenza della quale avrebbe, a suo dire, affossato Patrizia Bedori. A differenza della Ministra, è senz’altro priva di quella spocchia tipica della sinistra imborghesita; questo è frutto di origini diverse, di percorsi diversi che, però, le hanno condotte entrambe ad una promettente carriera forense, prima, e istituzionale, poi. Virginia Raggi non fa rumore quando cammina, ha un tono di voce basso e dolce, come se bisbigliasse ai suoi bambini, ma riesce a farsi sentire senza problemi: è sempre pronta a elencare le proposte che il Movimento ha già elaborato ed è ora rispondere a tono coi big del PD romano.

La gara è aperta e i piccoli di Grillo devono ora saper dimostrare di poter spiccare il volo da soli, lasciandosi il nido alle spalle, altrimenti lo schianto al suolo è inevitabile. Ma ancora, a giugno non si correrà solo per un’affermazione elettorale, ma anche e soprattutto per dimostrare di saper essere un movimento organico, uscendo da uno stato di infantilismo politico che ha contraddistinto il M5S molto spesso in passato.

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