#Spagna, è finito il bipartitismo

La democrazia spagnola al guado dopo quarant’anni di bipartitismo. Quattro correnti diverse dalla forza molto simile fanno da sfondo alle elezioni più incerte dalla fine del regime franchista, il tutto reso più complicato dalla legge elettorale del paese. Sebbene il sistema spagnolo sia bicamerale, il governo deve ottenere la fiducia solo dal Congresso dei Deputati. Esso è composto da 350 membri eletti su base territoriale: i seggi sono distribuiti tra i 52 collegi in maniera proporzionale alla popolazione. Anche la ripartizione dei seggi tra i partiti è proporzionale, con liste bloccate e sbarramento al 3%. Un sistema molto adeguato alla realtà storica della Spagna, che tende a premiare i due partiti egemoni (popolari e socialisti) e le forze politiche con forte radicamento locale (come l’universo di partiti indipendentisti provenienti da un gran numero di regioni).

Ebbene, quel modello è finito: il Partito Popolare del premier uscente Rajoy ha la maggioranza relativa, ma il suo 28,7% è inutile ai fini della governabilità. A seguire i socialisti, che con un 22% si piazzano un soffio sopra Podemos. Gli eredi degli Indignados coronano la rimonta delle ultime settimane con il 20,7%, mentre Ciudadanos chiude con il 13,9% dopo aver addirittura insidiato i popolari nei sondaggi autunnali. A seguire la classica sfilza di partiti minori e locali tra cui bisogna segnalare Sinistra Unita in costante discesa, colpita dall’effetto Iglesias.

A parte il dato senza dubbio positivo dell’affluenza in aumento di quattro punti percentuali (73,2%), adesso il dilemma è amletico. La stampa iberica già parla di situazione “all’italiana”, con la necessità di formare un’inedita coalizione di governo per arrivare ai 176 seggi necessari alla maggioranza. Il punto importante è che questa prassi, da sempre presente nel nostro paese, è estranea alla tradizione spagnola. Che fare, dunque? Le ipotesi sarebbero tre.

Coalizione portoghese? L’unica chance per formare un esecutivo di sinistra sarebbe quella di riunire socialisti, Podemos e Sinistra Unita, com’è accaduto da poco ai vicini lusitani. Tuttavia questo ancora non basterebbe, perché bisognerebbe riunire sotto la bandiera di governo altri 14 deputati. Ecco che entrerebbero in gioco le forze locali: la Sinistra Repubblicana della Catalogna (9 seggi), gli indipendenti baschi ed eventualmente anche quelli delle Canarie (altri 9 in totale). Per evitare un esecutivo troppo frammentato questi ultimi potrebbero anche decidere di astenersi, ma in ciascuno di questi casi l’esito sarebbe sempre lo stesso: una maggioranza molto eterogenea ed estremamente risicata.

Larghe intese? Popolari e socialisti potrebbero tranquillamente governare insieme. Questo dice la matematica, almeno. La volontà dei due partiti è molto più incerta: difficile far digerire ai rispettivi elettorati una svolta del genere, dopo quarant’anni di opposizione frontale. Tra l’altro durante la campagna elettorale Rajoy e il leader socialista Sanchez si sono rivolti frasi molto pesanti, al limite dell’insulto. Più verosimilmente il centro-sinistra potrebbe decidere di astenersi e permettere ai popolari di formare un governo di minoranza. Magari anche con la partecipazione di Ciudadanos: un esecutivo basato sulla fiducia dei soli 123 deputati del centro-destra sarebbe davvero debole, agli occhi dell’opinione pubblica. Tra l’altro la grande coalizione sarebbe anche l’opzione preferita dalle élite dominanti nell’Unione Europea.

Larghe intese 2.0? Ciudadanos potrebbe anche rivolgersi alla sua sinistra, verso il partito socialista ed eventualmente guardando anche a Podemos. Converrebbe a Sanchez, per rendere la pillola meno amara per i suoi. Sarebbe ottimo per il carismatico leader centrista Rivera, impegnato a costruire un’immagine di movimento anti-sistema ma preoccupato di dare sicurezza e stabilità al paese. Un tratto per distinguersi dai rivali di Podemos, dipinti come radicali e avventurieri. La formula potrebbe declinarsi anche con un governo condiviso tra due delle forze in ballo, con l’astensione della terza.

Quest’ultima opzione pare essere la più concreta al momento: il leader socialista ha detto no a un nuovo governo Rajoy, mentre Pablo Iglesias ha annunciato che in Spagna “è l’ora degli statisti”, precisando che bisogna aprire un “processo di transizione che porti a un compromesso storico nel nostro Paese”.

Vedremo nelle prossime ore come evolverà la situazione. In questo mare di incertezze, vi è una sola realtà: si conferma ancora una volta la tendenza centrifuga che dilaga in tutta Europa. E che potrebbe travolgere definitivamente i partiti tradizionali, molto indeboliti e costretti ad allearsi con partiti bollati quasi sempre come “estremisti” e “populisti”. Un altro tassello che complica il quadro politico futuro del continente, diviso tra destre emergenti e una nuova sinistra di massa, che però stenta a trovare una sua rappresentanza politica stabile.

20 commenti su “#Spagna, è finito il bipartitismo”

  1. Per fotuna e non in Italia, c’è ancora una Sinistra che si ricorda di Enrico Berlinguer quale simbolo di una sinistra che prima di ogni cosa faceva una scelta di vita nella morale, nella dignità e questa scelta condizionava tutta la vita. Ricordo ancora il suo funerale, ma ciò che mi duole di più è il ricordo di tutti quei compagni che sbandati piansero quando fu cancellato, ucciso il P.C.I. unico partito in europa aperto alla democraticizzazione del dialogo e a una nuova visione della logica Politica di Palazzo.

  2. …”I compagni di Podemos oggi avrebbero potuto festeggiare. Si sono presentati per la prima volta alle elezioni e sono diventati la terza forza del paese, scardinando il bipolarismo su cui si è retta in questi decenni quella giovane democrazia. Oggi però Pablo Iglesias ha spiegato che non è il tempo di mostrare i muscoli, ma quello di ragionare, che non è il tempo della forza, ma quello della politica. Ha detto che dovranno discutere, che Podemos rifletterà, ma soprattutto ha detto che sarà necessario un compromesso, che non ha esitato a definire storico. Ha spiegato che Podemos farà di tutto affinché non nasca un governo del Ppe. Questo è un punto fermo, ma da qui in poi comincia la politica e ora la palla passa ai socialisti che dovranno decidere: o fare come il pd, coma la Spd, come i francesi e diventare un partito di centro moderato, pronto ad allearsi con Rajoy in nome delle “larghe intese” e dei valori del finanzcapitalismo, oppure scegliere di tornare a essere una grande forza di sinistra, una forza che è stata determinante per la transizione dalla dittatura fascista di Franco alla democrazia.
    […] Però i socialisti spagnoli non potranno usare l’alibi di non aver trovato una sponda. Iglesias oggi ha offerto la mano ai socialisti e, se loro la rifiuteranno, ne pagheranno le conseguenze.
    La politica è responsabilità. Il pd fa oggettivamente schifo, ma fa anche così schifo perché il Movimento Cinque stelle non ha avuto la forza, l’intelligenza, l’astuzia, di proporsi come un interlocutore. Perché il M5s non è riuscito a fare, all’indomani delle elezioni, quello che ha fatto Podemos. Il M5s ha rinunciato alla politica e si è accontentato di rimirare i numeri del proprio strabiliante risultato elettorale. So che adesso si leveranno gli strali dei duri e puri della “mia” parte, che mi diranno che il M5s non è Podemos e mi diranno tutto il male possibile di Grillo, dei grilleschi, dei grillini. So tutto – per molti versi vi dò ragione – però, mentre da una parte e dall’altra prevalgono le teste di legno, in Italia renzi ha instaurato un regime. E, se non riusciremo a sconfiggerlo al referendum istituzionale dell’anno prossimo, sarà durissima farlo dopo.
    […] Qualcosa evidentemente abbiamo da imparare dalla sinistra spagnola, dall’intelligenza politica dei suoi dirigenti e dei suoi militanti. Dobbiamo imparare a essere noi, a dire quello che vogliamo, ma dobbiamo anche imparare a discutere con quelli che non sono noi, ma che con noi possono fare un pezzo di strada. Podemos ha parlato al popolo della Spagna, ai poveri, a quelli che sono stati colpiti dalla crisi, ha offerto loro una speranza. Ci dovremmo ricordare come si fa, i nostri vecchi ce lo hanno pure insegnato. Come ci hanno insegnato fare politica. Noi lo abbiamo dimenticato, lo abbiamo voluto dimenticare, persi dietro a una falsa idea di modernità. Eppure è tutto lì, le idee, le proposte, perfino le parole. Vanno solo fatte riemergere. E potrebbe cominciare anche per noi la transizione.”… http://ipensieridiprotagora.blogspot.it/2015/12/verba-volant-234-transizione.html

  3. 20 anni fa si disse che l’Italia finalmente era diventata bipartitica, e che presto tutti avrebbero cambiato sistema elettorale in senso bipolare. Forse avevano problemi di bipolarismo

  4. Podemos è la dimostrazione pratica della fattibilità del cambiamento anche a sinistra almeno dal punto di vista organizzativo( ora vedremo nel concreto dei fatti propriamente politici)

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