No, Renzi non lo lascio lavorare

Il Patto del Nazareno avrebbe un odore stantio di massoneria. No, non è qualche pericoloso complottista o un gufo di professione. A metterlo nero su bianco mercoledì è stato il direttore del principale quotidiano italiano, Ferruccio De Bortoli. Che in un’analisi spietata e obiettiva fa a pezzi la caricatura di efficienza, modernità e dinamicità di un governo mai passato dalle elezioni con un’agenda mai votata da nessuno.

Matteo Renzi vende fumo: da febbraio il suo governo non ha minimamente inciso su uno dei problemi dell’Italia: la burocrazia è ancora lì, la tassazione più alta d’Europa pure, la corruzione non è stata scalfita, le mafie gongolano, la Questione Morale impera, l’Italia continua ad essere in recessione (e si è aggiunta pure la deflazione), i disoccupati crescono, gli investimenti diminuiscono e le vere priorità del Paese sono sistematicamente messe da parte per agguantare simbolici quanto inutili traguardi (come l’approvazione in prima lettura di una riforma della Costituzione porcata né più né meno come l’Italicum). E basta andare a vedere l’implacabile countdown di ogni promessa fatta su Valigia Blu per capire che a livello della fuffa siamo in linea con l’ex-Cavaliere.

Lo stesso art.18, che nel 2012 non era considerato dal Renzi rottamatore e in campagna elettorale permanente un problema, ora pare essere diventato l’unico ostacolo alla creazione di posti di lavoro in questo paese: e dire che nel libro di Mariana Mazzuccato, tra i libri dell’estate del premier, sta scritto addirittura nell’introduzione (qualora avesse avuto poco tempo per leggerlo tutto) che i veri problemi dell’economia italiana sono altri. Tipo che lo Stato italiano non investe abbastanza in istruzione e Ricerca&Sviluppo: due linee di spesa fondamentali per la crescita e la competitività del Paese, sulle quali però il governo del “CambiaVerso” si è mosso esattamente come i governi degli ultimi vent’anni.

Detto questo io contesto chi sostiene che Matteo Renzi sia come Berlusconi: l’ex-Cavaliere, infatti, nasceva di destra e ha sempre monopolizzato la destra. L’ex-sindaco di Firenze è semmai un Bettino Craxi bonsai: sposa politiche di destra e, riempiendosi la bocca con parole come modernità e innovazione, pretende di farle passare per “Qualcosa di Sinistra”.  Come l’ex-leader socialista ha impresso una pericolosa “mutazione genetica” all’ex-corpo elettorale del Partito comunista, complice il fatto che dopo la Bolognina i presunti eredi di Enrico Berlinguer hanno abbandonato radici, ideali e simboli, senza minimamente intaccare l’ottusa e stalinista “fedeltà al partito”, che postulava l’infallibilità dei dirigenti (fino ovviamente alle catastrofi con psicodrammi collettivi). Nel Partito Democratico gli ex-PCI sono rimasti dei perfetti trinariciuti: e dire che dai tempi di Guareschi di acqua sotto i ponti ne è passata.

Oggi Renzi è visto come l’Uomo della Provvidenza che ha finalmente portato la Sinistra al 40,8% (fa nulla che abbia preso 1 milione e mezzo di voti in meno rispetto al massimo storico del PCI e che fosse un voto anti-Grillo), quindi bisogna lasciarlo fare. E invece NO. Nelle moderne democrazie i Cittadini veramente tali non si limitano a recarsi alle urne (quando lo fanno), facendo una X sulla scheda. La qualità di una democrazia si vede anche dal grado di critica al Potere costituito, che per definizione cerca di fare i propri interessi (o meglio, quelli dei suoi sponsor). Questa idea del Cittadino che deve tacere di fronte alla grandezza del leader è tipica di un particolare tipo di democrazia, che dopo Bobbio non ha più segreti: la democrazia dell’Applauso. Gli applausi legittimerebbero il leader a fare qualsiasi cosa: io ho i voti, io comando.

Nossignore. Anzitutto perché Renzi governa con un Parlamento eletto con una legge incostituzionale e grazie a una maggioranza che è tale alla Camera sulla base di un programma diametralmente opposto al suo; in secondo luogo perché storicamente se le democrazie hanno resistito agli “applausi delle masse” è grazie a chi ha esercitato il sacrosanto diritto di critica. Quindi io Renzi lo critico. Rivendico il mio diritto a farlo, visto che qualche ragione sul piatto c’è per farlo. Montale diceva che a questo mondo si può essere solo farciti o farcitori. Sarò maledettamente demodè, eppure a me la vocazione del panino non è mai venuta.

1 commento su “No, Renzi non lo lascio lavorare”

  1. Quando la crisi del ’29 colpì gli stati Uniti, Roosevelt varò il new deal, aumentò i posti di lavoro e le tutele sociali ed il pochi anni il paese uscì dalla crisi.
    Da quando la recessione del 2008 ha colpito il mondo, in Italia non si fa altro che tagliare le tutele sociali e la spesa pubblica e la crisi economica italiana non fa che peggiorare.

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