Martin Luther King, 50 anni dopo il sogno si è spezzato

Il 28 agosto 1963 Martin Luther King scriveva una delle pagine più belle della fratellanza universale con la famosa marcia su Washington e il suo ancora più famoso discorso “I have a dream”. Sono passati cinquant’anni, ma a quanto pare il sacrificio politico, umano e morale di King ha fatto molto, ma non abbastanza.

Nella più grande democrazia del mondo (si fa per dire), nonostante Obama sia al suo secondo mandato, il “sogno” di pace, fratellanza e eguaglianza semplicemente si è spezzato sotto la tensione dei mercati finanziari, delle lobby, del parlamento bloccato, della crisi della democrazia occidentale, della guerra e del razzismo dilagante che tutto questo riversa nella coscienza collettiva.

Benché il “Commander in Chief” (il comandante in capo, come è titolato Obama) sia nero e provi, con un parlamento a maggioranza repubblicana, a combattere le vere piaghe sociali del suo paese (la povertà, la scomparsa della middle class, le discriminazioni di razza, di sesso e di orientamento sessuale etc.), l’unico risultato è l’aggravarsi di queste fratture. Con conseguente malcontento elettorale, che si riversa nelle urne. E siccome gli americani sono un popolo di guerrafondai, il presidente nero che aveva fatto della pace la sua stella polare, si ritrova costretto ad inseguire i repubblicani in politica estera (si veda il prossimo intervento militare in Siria, dopo 2 anni a guardare mentre si macellavano i civili).

Il Presidente è nero, ma il Sud del suo paese è dominato dal razzismo e dalle discriminazioni. Il Presidente è nero, ma della pace nemmeno l’ombra: solo il rumoroso silenzio delle coscienze e il roboante tuono di cannoni. Qualcosa di quel sogno, però, arde ancora sotto la cenere della guerra e della violenza. Dovrebbe stare a noi, a partire dalle nostre piccole realtà quotidiane, preservarlo e farlo crescere, giorno dopo giorno. Affinché tutti quelli che hanno lottato per darci quel poco che abbiamo dal punto di vista dei diritti non abbiano speso la loro vita invano.