Meritocrazia: belle parole, pochi fatti (tanta incostituzionalità)

Qualche giorno fa è uscita la notizia della possibile introduzione dei test d’ingresso in alcuni licei, a causa, si dice, del boom di iscrizioni e dell’impossibilità di accogliere tutti i ragazzi che usciranno la prossima estate dalla terza media. La soluzione proposta in realtà fa un po’ orrore, da una parte perché sarebbe, come sostiene anche la CGIL, incostituzionale, dall’altra perché si fa riferimento a un’oscura quanto bisfrattata parola: meritocrazia.

Ma l’Italia per fortuna è un bel Paese…
Sì, perché nonostante la nostra scuola cada a pezzi, fisicamente e non, possiamo vantare cose assai rare nel panorama europeo. Una di queste è che l’accesso a tutte le facoltà universitarie è consentito anche a chi ha frequentato Istituti Professionali e Tecnici, per cui un perito può diventare con successo uno storico o un fisico, e un ragazzo con la maturità classica può diventare un medico o un commercialista. Anche questa è uguaglianza sociale e sarebbe il caso di tenersela ben stretta.

Breve parentesi: il numero chiuso all’Università non è incostituzionale ed ha un significato anche pratico molto diverso rispetto alla scuola dell’obbligo. Se infatti il “problema” che lamentano alcuni licei potrebbe essere abilmente aggirato rimodernando le strutture e mettendo fine al balletto dei precari della scuola, in alcune facoltà questo non sarebbe possibile, ad esempio nel settore sanitario, dove si devono organizzare laboratori e tirocini, che non sono proprio l’equivalente de “l’allegro chirurgo”.

…con delle anomalie
Secondo l’OCSE gli insegnanti italiani, al momento della valutazione, favoriscono le ragazze e coloro che provengono da un ceto medio-alto (ecco, mi raccomando, tenete bene a mente anche adesso la parola “meritocrazia”). L’idea del voto è rimasta ancorata al principio del premio acritico, non so se caritatevole o del tipo “salutami papà quando torni a casa oggi”: mi viene in mente mia nonna che mi raccontava di quando la promossero alle elementari perché suo padre curava il giardino della maestra. Però erano per davvero altri tempi: fra due guerre mondiali, quando si andava a scuola a piedi facendo i chilometri, con a casa 15-20 tra fratelli e sorelle e i campi da coltivare. Oggi queste differenze hanno piuttosto il sapore del tappetino rosso sempre srotolato per l’élite, spesso gratuitamente: un po’ come quando a BB Verzè (pace all’anima sua) offrì una cattedra finita la triennale.

Scuola pubblica e privata
Quei comunisti dei Wu Ming hanno scritto una bella disamina su come la Sinistra italiana abbia abbondantemente perso la bussola davanti a questo dualismo. Si tratta di un articolo lungo, ma ben strutturato ed esauriente.
Io sarò più sintetica: non sorprendiamoci se il PD bolognese si dice contrario al referendum nel quale i cittadini dovranno decidere se 1 milione di euro deve rimanere nelle casse comunali o andare alle scuole paritarie come accade da 10 anni (dai tempi cioè di Borghi e Bersani in Regione).
Basterebbe ricordare i decreti dell’ex Ministro Luigi Berlinguer (DS).
O l’introduzione dei buoni scuola (un contributo alle famiglie che volevano iscrivere i propri figli alle scuole private), pensati dal governo Ulivo-PdCI-Udeur nel 2000 e attuati dal successivo Governo Berlusconi …e in Lombardia da Formigoni, giusto per rinfrescare la memoria anche sulle destre.
Tutte leggi e leggine che hanno più o meno apertamente finanziato la scuola privata. A scapito di quella pubblica? Sì. E anche a scapito della Costituzione e dei valori della Sinistra, quella vera.

Meritocrazia
Cos’è la meritocrazia? A mio avviso un concetto di per sé terribile, proprio così come lo immaginava Young nel 1958. Non perché sia contraria a permettere di studiare ai ragazzi meritevoli ma non abbienti (sono stata anch’io una di quelli e ringrazierò sempre la Repubblica Italiana per la mia formazione scolastica e universitaria), ma perché il merito non è misurabile. Nel suo libro Young immaginava una società distopica, comandata da persone con un alto quoziente intellettivo che finivano, a causa della loro arroganza, con l’essere rovesciate dalla rivolta delle masse. Un altro libro interessante su una linea simile è La fine dell’eternità di Isaac Asimov.
Oggi il termine “meritocrazia” ha assunto un’accezione totalmente positiva, ma resta il problema di fondo, ovvero come si determina il merito? Einstein fotografò in poche parole il metodo che tendiamo a utilizzare ancora oggi:

Ogni persona è un genio. Ma, se giudichi un pesce dalla sua capacità di scalare un albero, passerà tutta la sua vita pensando di essere stupido.

Pensiamo anche alla nostra situazione presente: un governo tecnico (e quindi idealmente meritocratico) è migliore di un governo politico? A mio avviso no. Ed è falso anche il contrario. La soluzione quindi è creare una meritocrazia “buona” all’interno della politica. E sì, bisogna ripescare la Questione Morale di Berlinguer (Enrico, stavolta), perché moralità non è solo non rubare i soldi dei cittadini, ma anche non dare nelle mani di un medico la costruzione di una casa, così come non si dà a un muratore la facoltà di operare a cuore aperto. Anche nei luoghi in cui questo non è previsto. Per capirci, la nostra Costituzione, fortunatamente, non obbliga un Ministro della Sanità ad essere un medico, ma una buona politica dovrebbe saper coniugare onestà e competenza.
La meritocrazia non può essere quindi ridotta a vincoli oggettivi, ma può essere in parte attuata mediante strumenti soggettivi: le elezioni sono uno di questi. Giusto un mesetto fa chi ha fatto “male” nelle precedenti legislature è stato punito e costretto a un rinnovamento. Dall’altra parte è bene ricordare che la società umana ha sempre bisogno di un certo grado di confusione per migliorarsi e io, forse ingenuamente, penso e spero che il grillismo rappresenti questo caos necessario.

Discutiamo quindi di strutture, di finanziamenti, di insegnanti precari e soprattutto di pari opportunità. Ma non di merito. Non a 13-14 anni. Lasciamo che questi ragazzi abbiano ancora qualche anno di tempo per decidere se essere bravi latinisti o bravi meccanici e ribadiamo piuttosto la pari dignità di entrambe le attitudini. Incoraggiamo i giovani dove eccellono e proviamo a far capire loro dove potrebbero rischiare di fallire, con la consapevolezza che, a quell’età soprattutto, si cambia testa e cuore con la stessa facilità con cui il PD ha cambiato nome e principi.

3 commenti su “Meritocrazia: belle parole, pochi fatti (tanta incostituzionalità)”

I commenti sono chiusi.