Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario

Sono passati 68 anni da quel 27 gennaio 1945 in cui i soldati sovietici entrarono ad Auschwitz, svelando al mondo il limite estremo raggiunto dalla brutalità nazista. Ma i campi di sterminio sono solo un aspetto, per quanto il più becero, della questione, i rami di un albero che affonda le sue radici nel passato e le cui foglie crescono rigogliose ancora oggi.

Sì, perché la Shoah non è certo la prima e nemmeno l’ultima manifestazione di odio razziale portato alle sue conseguenze più nefaste, la storia dell’uomo ne è piena. I germi di questa peste non sono scomparsi a Norimberga con il processo ai carnefici nazisti, né tanto meno nel bunker di Berlino in cui Hitler si è tolto la vita per fuggire alla sconfitta ormai certa.

Loro erano solo gli untori, la conseguenza di questo male, non la causa. Perché, quando un ex imbianchino austriaco vomitava odio e disprezzo dall’alto del suo potere (democraticamente conquistato, oltretutto), annunciando di voler eliminare i tedeschi impuri come carne avariata per sostituirli con vigorosi ariani, sotto di lui c’erano milioni di tedeschi che lo sostenevano e lo esaltavano.

E’ di questo che ci parla Primo Levi quando dice:

“I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi. Sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e obbedire senza discutere… Occorre dunque essere diffidenti con chi cerca di convincerci con strumenti diversi dalla ragione, ossia i capi carismatici: dobbiamo essere cauti nel delegare ad altri il nostro giudizio e la nostra volontà.”

Non limitiamoci alla manifestazione più evidente del problema, indignandoci un giorno l’anno per ciò che quei pochi mostri hanno fatto, andiamo più a fondo, chiediamoci perché: chiediamoci perché quei milioni di tedeschi  si sono rifugiati nei rivoltanti sproloqui di un uomo forte che prometteva loro un mondo migliore, se liberato dalla “feccia giudaica”.

Di certo la crisi del 1929, che colpì con violenza inaudita la Germania di Weimar, ebbe un ruolo non secondario nel successo del partito nazional-socialista, e questo deve farci profondamente riflettere.

L’intolleranza trova terreno fertile nella miseria e nella disperazione che le crisi economiche inevitabilmente creano. Ne è la dimostrazione il notevole aumento di popolarità che nell’ultimo anno ha investito i neonazisti di Alba Dorata in Grecia, ormai una forza politica rilevante nel paese che più ha sofferto della congiuntura economica in atto. La formazione politica di estrema destra ha saputo fare leva sulla “pancia” degli elettori nel senso più letterale del termine, andando nelle piazze a distribuire beni di prima necessità alla popolazione affamata (ma solo ai “veri” greci, non agli immigrati che vorrebbero spazzare via), una propaganda più efficace di qualsiasi promessa elettorale.

Queste viscerali istanze di odio, violenza e prevaricazione non si spengono mai completamente. Come i Cani Neri di McEwan, esse si aggirano per l’Europa ed il mondo: si nascondono,  si affievoliscono, si insinuano nella società, per poi ricomparire di nuovo in Cambogia, in Ruanda o in Bosnia.
O, perché no, anche nella nostra “civilissima” Italia: è di pochissimi giorni fa, infatti, la notizia dell’arresto di alcuni esponenti dell’estrema destra che progettavano lo stupro di una ragazza ebrea, forse per “celebrare” degnamente la Giornata della Memoria.

Alcuni inquietanti sintomi si stanno manifestando in nazioni più o meno democratiche. In questa contingenza economica è necessario più che mai ricordare la Shoah. Senza limitarsi alla commozione, ai sentimentalismi: la Giornata della Memoria deve essere prima di tutto memoria storica, analisi asettica delle dinamiche politiche e sociali che hanno portato al dramma che tutti conosciamo.

“Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”

ha scritto a ragione Primo Levi: ottant’anni fa i tedeschi scelsero di affidarsi alle promesse di sicurezza di un leader carismatico, oggi i greci dimenticano la storia e corrono il rischio di riviverla.

16 commenti su “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”

  1. Una analisi che tutti dovrebbero fare propria. Anche le commemorazioni del 25 Aprile dovrebbero ispirarsi a questo ragionamento. Non serve solo la “COMMEMORAZIONE”, occorre capire e far capire quali sono i meccanismi socioeconomici che creano le condizioni affinchè le guerre, le dittature, i razzismi trovino spazio e sostenitori anche in sistemi democratici assestati da tempo.

  2. sono del parere che chi ha un cervello lo deve usare! non farsi indottrinare, senza porsi domande e cercare delle risposte.

  3. MAI rinunciare ad usare il PROPRIO cervello, mai credere senza pensare a CHIUNQUE. Se lo dice “lui” (chiunque sia) non è detto sia vero!!!

  4. Ricordatevi che non sono morti vittime del nazifascismo solo ebrei, ma tutti i dissedenti prima di tutto. E poi tutti gli altri, compresi rom, ebrei, omosessuali, persone con handicap, testimoni di jeova, e anche colpevoli di niente, chi aiutava o si opponeva. Queste cose non possono ritornare nei Paesi dell’Europa unita. Finchè è unita. Sappiatelo!

  5. Consiglio la lettura di “Gli ebrei nell’Italia fascista”, M.Sarfatti, Einaudi. Si scoprono cosucce interessanti, per esempio sulla sorte delle leggi razziali dopo il 25 luglio 1943 e su chi ne sconsigliò (diciamo così) l’abrogazione. O su chi si impadronì nei commissariati di Genova delle liste degli ebrei per poterle passare ai nazisti. Giusto per conoscenza storica e critica.

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