Bassolino è come Berlinguer

E passi la riabilitazione di Craxi ai danni di Berlinguer a reti ed edicole unificate, grazie anche alla partecipazione di tanti ex-berlingueriani, così desiderosi di massacrare il mito per evitare che dal confronto loro escano con le ossa rotte; ma che ora si usi Berlinguer per giustificare se stessi e le proprie indecenze, questo no. Non lo posso accettare. Non lo possiamo accettare.
Un compagno di Napoli mi scrive facendomi presente che il 2 maggio scorso Andrea Cozzolino (quello che aveva vinto le primarie napoletane con i brogli), in occasione di un’iniziativa a sostegno di Mario Morcone, ha fatto questa affermazione: «Se mi è consentito un paragone, Antonio [Bassolino] ricorda Enrico Berlinguer, un rivoluzionario conservatore» Forse già solo questo dovrebbe indurre i compagni di Napoli a votare De Magistris, anziché Morcone, ma lasciamo perdere le contese elettorali, andiamo al nocciolo della questione.
L’unico presunto scandalo in cui incappò Enrico Berlinguer fu a causa di un falso dossier appositamente creato dal Cremlino per screditarlo, costringerlo alle dimissioni e distruggere la politica dell’eurocomunismo  (nei confronti di Marchais e Carrillo però i dossier funzioneranno benissimo da spauracchio, infatti quella lungimirante politica naufragò, ma non per volere di Berlinguer): diffusero infatti notizie velenose su presunte speculazioni edilizie per svariati miliardi di lire su alcuni terreni in Sardegna attribuiti a Berlinguer. Tutto falso, tant’é che questa cosa nessuno se la ricorda (anche se lo ha ricordato Bersani ad Annozero qualche tempo fa, cercando di difendere D’Alema).
Ora, i rinvii a giudizio che ha avuto Bassolino non mi pare siano basati su dossier del KGB, quindi il paragone non regge. Ma mi sa tanto dell’ennesimo colpo all’immagine di Berlinguer di fronte ai tanti miei coetanei che magari non lo conoscono e che potrebbero farsi chissà che idea di Enrico. E questo non lo posso tollerare.
Vorrei ricordare a Cozzolino (e Bassolino) quello che diceva Enrico Berlinguer ad Eugenio Scalfari, il 28 luglio 1981, 30 anni fa.

I partiti non fanno più politica. I partiti hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune […], sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”.

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c’è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente. […] Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti. […]

Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. […]

I partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l’operato delle istituzioni. […]

La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. […]

Quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire. […]

Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.

Bassolino avrebbe l’autorità per parlare così? Risposta: Assolutamente NO. Il 10 giugno noi di Questione Morale ne parliamo seriamente a Milano. E poi a Roma, Torino, Firenze, Bologna, Napoli. Noi non ci fermeremo mai, loro alla fine sì. Passate parola.

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