#NapoliFiorentina, la trattativa #statomafia bonsai

E’ in momenti come questo che rimpiangi il “Pliz visit aur cantry” di Francesco Rutelli, allora ministro alla cultura  intento a incentivare il turismo in Italia con un inglese maccheronico. Sì, perché l’indegno spettacolo di ieri sera, alla finale di Coppa Italia, dove si disputava il match Napoli-Fiorentina (vinto dal Napoli) è stato un grandioso spot per il Belpaese che nemmeno si può immaginare: già ieri, in diretta tv, su tutti i siti online d’Europa e del mondo campeggiava in prima pagina la notizia “Il figlio del camorrista decide che la partita si deve giocare“.

Il figlio del camorrista in questione è Genny ‘a carogna, figlio del capo-clan Ciro De Tommaso, il potente clan camorrista dei Misso nel Rione Sanità a Napoli. La scena dei rappresentanti della Questura che si dirigono sotto la curva per avviare una vera e propria trattativa con lui, che si fa garante dell’assenza di scontri in caso di match disputato, è una vergogna nazionale che grida vendetta.

La partita andava sospesa, rinviata e giocata a porte chiuse. Invece si è deciso di fare affidamento al servizio d’ordine della camorra per permettere che la partita si disputasse lo stesso. Su twitter qualcuno ironizzava, in un primo momento, quando ancora non si conosceva l’identità del capo-ultrà (ben noto invece alle autorità), che lo stato era passato dalle trattative stato-mafia a quelle stato-curve: a ben vedere, si è trattato semplicemente di una trattativa stato-mafia bonsai.

Lo spettacolo di un presidente del Consiglio, presente allo stadio con tutta la famiglia, che assiste impotente alla scena, come pure il Presidente del Senato Pietro Grasso, e che deve pure incassare i fischi all’inno nazionale, è stato il miglior spot per la legittimità sociale della Camorra: Genny comanda, Renzi e Grasso (per giunta ex-procuratore antimafia) no e non possono far nulla.

In un paese normale, a decidere se ci fossero state o meno le condizioni per lo svolgimento della partita, sarebbe stato il ministro dell’Interno, interpellato da questura e prefetto: in Italia, invece, ci si affida al servizio d’ordine della camorra. Ma non è una novità: quando fu rapito dalle BR nel 1981 Ciro Cirillo, assessore democristiano campano alla ricostruzione del dopo-Irpinia e scatola nera dei rapporti camorra-Dc, lo Stato usò la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo per trattare con i terroristi, che ricevettero in cambio della liberazione 1 miliardo di lire. Insomma, lo Stato che 3 anni prima aveva lasciato morire Moro per la linea della fermezza, si prodigava per liberare all’apparenza un signor nessuno, pagandolo a peso d’oro.

In un paese normale lo Stato avrebbe spazzato via Cosa Nostra, Camorra e ‘ndrangheta in men che non si dica, come una qualsiasi altra organizzazione criminale (vedi le BR, smantellate perché ci fu la volontà politica di farlo). In Italia, invece, siccome convengono a imprenditori collusi e a politici corrotti, prosperano all’inverosimile e lo Stato, dimostrando la sua impotenza, si rivolge a loro per il servizio d’ordine allo stadio.

Questo non è chiaramente un paese normale. Il manicomio è in mano ai pazienti. E sarebbe ora di dire anche basta.