Promemoria per Beppe Sala su Paolo Borsellino

Domenica 19 luglio ricorrerà il 28° anniversario della Strage di Via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta Agostino Catalano, Walter Eddie Cosìna, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli.

Era domenica anche 28 anni fa quando un’autobomba in Via Mariano D’Amelio, davanti l’abitazione del giudice, lo faceva letteralmente a pezzi e carbonizzava. Mano mafiosa ma non solo: un tribunale della Repubblica di recente ha sentenziato che non è diffamazione sostenere che quella del 19 luglio 1992 è stata anche Strage di Stato, benché a partecipare a uno dei più grandi depistaggi della storia repubblicano ci fossero solo alcuni pezzi delle istituzioni.

A Milano il movimento antimafia esiste da 38 anni: è passato attraverso le grandi inchieste degli anni ’80 (San Valentino, San Marino), per quelle degli anni ’90 e, nonostante il negazionismo spinto delle classi dirigenti ambrosiane durato almeno fino all’operazione Crimine-Infinito, si può dire che sia sempre stato attivo e vitale, con una lunga tradizione civica alle spalle, che passa anche per la piantumazione dell’Albero Falcone-Borsellino nel 1993 davanti al Liceo Volta, in via Benedetto Marcello.

Beppe Sala, come sindaco, nel 2016 ha ereditato dalla giunta Pisapia una sinergia tra istituzione comunale, società civile, università e procura di Milano che si può dire abbia ben pochi eguali nel nostro Paese e di questo è consapevole, tanto che ha confermato il Comitato di esperti antimafia e ne ha affiancato uno anche anti-corruzione, guidato da Gherardo Colombo.

Tuttavia, proprio a ridosso di un anniversario così importante per la storia del Paese e particolarmente sentito dalla città di Milano, arriva la sconcertante notizia delle dimissioni del Presidente della Commissione Antimafia David Gentili da delegato del Sindaco in Avviso Pubblico, la rete antimafia e anti-corruzione degli Enti Locali. La ragione è la nomina resa effettiva lo scorso maggio di Renato Mazzoncini come amministratore delegato di A2A, rinviato a giudizio per truffa e altri reati, notizia che non ha avuto molta eco per via della pandemia ma che comunque ha creato non pochi problemi politici anche al Sindaco di Brescia Del Bono.

Ora, sarà per via della stanchezza del periodo che gli ha fatto confessare di non dormire più la notte pensando al futuro di Milano, però credo sia necessario a questo punto ricordare al Sindaco le parole di Paolo Borsellino sul tema mafia, politica e amministrazione della cosa pubblica, anche in ragione del fatto che domenica parteciperà alla commemorazione di Paolo Borsellino all’Albero Falcone-Borsellino dalle 16.45.

In particolare credo sia utile ricordare la risposta che il giudice diede a uno studente nell’incontro organizzato a Bassano del Grappa dal Prof. Guidotto il 26 gennaio 1989:

Ora l’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice “quel politico era vicino al mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non l’ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto”. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire “ci sono sospetti, sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire quest’uomo è mafioso”.

Però siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie organizzazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano quel politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo “schermo” della sentenza dicendo “questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto”. Ma dimmi un poco, tu non ne conosci di gente che è disonesta ma non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, ma c’è il grosso sospetto che dovrebbe quantomeno indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia e non soltanto a essere onesti ma apparire onesti.

Insomma, nessuno sta dicendo che Mazzoncini è colpevole prima della sentenza, ma quanto meno sarebbe stato opportuno politicamente evitare una nomina potenzialmente imbarazzante ed esplosiva, in caso di condanna. Proprio in virtù di quel principio, enunciato da Borsellino 31 anni fa, sul fatto che gli amministratori pubblici non devono solo essere ma anche apparire onesti: ciò è infatti fondamentale per preservare il capitale di fiducia delle istituzioni pubbliche (e delle loro partecipate).

Qui, come ricordava anche Enrico Berlinguer, non c’entra nulla la questione giudiziaria, che è materia appunto di giudici e avvocati, ma tutto la questione morale, che è appannaggio di cittadini ed eletti. Nel cui rapporto c’è anche il rispetto dei patti elettorali, dentro il quale vi era, in quello tra Sala e chi lo ha votato, il rispetto dei principi contenuti nella Carta di Avviso Pubblico che all’art. 19 vieta all’amministratore pubblico di conferire nomine o incarichi a soggetti rinviati a giudizio per diversi reati, tra cui quelli per i quali è rinviato a giudizio Mazzoncini.

Insomma, la pur deleteria presa di posizione sulle gabbie salariali, che riporta il Paese indietro di 60 anni, è nulla in confronto a questa nomina di cui davvero si fa fatica a capire il senso, anche in ragione dell’impegno della Giunta Sala negli ultimi 4 anni sui temi della lotta alla mafia, alla corruzione e per la trasparenza nella pubblica amministrazione.

Perché farsi del male da soli? In conclusione, un consiglio ci sentiamo di dare al Sindaco per il futuro: commemorasse di meno e mettesse in pratica di più. Si presenterà certamente più credibile alla sua prossima scadenza elettorale.