Ciao, sono il #PD. Di cognome faccio Tafazzi

Era il 2002 quando Nanni Moretti salì sul palco della manifestazione del centro-sinistra a Piazza Navona contro le leggi ad personam dell’allora secondo Governo Berlusconi e disse quelle parole rimaste scolpite nella storia: “Con questi dirigenti non vinceremo mai“. Il succo di quel discorso era che i vari D’Alema, Veltroni, Rutelli erano stati fin troppo timidi nella campagna elettorale dell’anno prima e, soprattutto, che durante i cinque anni di governo del centro-sinistra tutto era stato fatto, tranne che rispettare il mandato elettorale ricevuto dagli elettori. Per dirla alla Gaber: “Una volta al governo la sinistra aveva fatto la destra“.

 

Sceso dal palco, un anonimo trinariciuto di partito (o tifoso o ultras o chiamatelo come vi pare) gli diede del “Tafazzi“, riferendosi all’iconico personaggio del trio Aldo, Giovanni e Giacomo che passava il tempo a darsi martellate sui gioielli di famiglia. Gli intellettuali di allora (gli stessi di oggi) ripresero l’insulto di un manifestante e lo trasformarono in un manifesto contro il “tafazzismo” della sinistra “dura e pura” (Moretti?), che andava contro i dirigenti che non ne avevano imbroccata una nell’ultimo quinquennio anziché osannarli, contenti e gioiosi fino al burrone successivo.

Da allora tutti i leader del centrosinistra (e i loro sodali) per rispondere alle critiche della base e per rintuzzare il dissenso usavano come una clava l’accusa di tafazzismo, esattamente come ai tempi del PCI si usava quella di frazionismo: Matteo Renzi rottamò ambedue le espressioni per un più comodo “gufo”, innestandosi sul filone berlusconiano del “va tutto bene, Madama la Marchesa“. Ovviamente, a ogni sconfitta la colpa non è mai dei leader di turno ma sempre degli altri. A questo giro, degli elettori, “che ci hanno relegato all’opposizione“. Ma dai? Oramai, come dicono i flussi elettorali, il PD è un partito di classe, ma della classe dominante, percepito come espressione dei poteri forti ed evitato come la peste dai Millennials (età 18-30) che hanno votato in massa il M5S.

Cinque anni dopo l’infantilismo del M5S, il cui ostinato rifiuto a dialogare con chicchessia consegnò il Paese alle larghe intese, il PD lo ha imitato condannandosi all’irrilevanza politica da solo decidendo di non dialogare con nessuno, con l’unico risultato di aprire la strada a una naturale (e inevitabile) convergenza tra M5S e centrodestra (o meglio, Lega) per uscire dall’impasse della presidenza delle Camere. E fortuna che i Tafazzi per oltre tre lustri erano gli altri.

Quasi a godere del gran risultato di una fedelissima di Berlusconi alla seconda carica dello Stato, il primo pensiero di Emanuele Fiano, deputato PD, è stato per Marco Travaglio, per il quale si è detto dispiaciuto (avendo avuto in passato il direttore del Fatto un pesante scontro in tv con la neo-presidente): di fronte al mare di critiche per l’immobilismo dei democratici nella partita appena conclusasi, il nostro si è difeso che è colpa degli elettori che hanno messo il PD all’opposizione. Nemmeno gli è passato per l’anticamera del cervello (a lui e ai suoi compagni di partito) che la responsabilità politica del disastro è loro, non degli elettori, e che quelli superstiti del PD lo hanno votato proprio per impedire l’arrivo al governo dei “populisti” e dei “sovranisti” (del resto, Renzi chiedeva il voto per quello, finanche invitando a turarsi il naso).

Un partito serio e politicamente intelligente avrebbe fatto asse coi grillini, favorendo una nascita del loro governo e costringendoli alla negoziazione su ogni singolo punto dell’agenda parlamentare e governativa, dando una rotta decisamente diversa alla legislatura (esattamente come avrebbero potuto fare a parti rovesciate i grillini nel 2013): soprattutto, ora alla Presidenza del Senato ci sarebbe potuta essere sì una donna, ma Emma Bonino.

L’altro cavallo di battaglia sui social di queste ore che fa andare i livelli di analfabetismo politico alle stelle è la difesa del Patto del Nazareno di fronte all’accordo M5S-centrodestra sulla presidenza delle Camere: mettere sullo stesso livello l’elezione delle figure di garanzia delle Camere con la promozione a padre costituente di un condannato in via definitiva che secondo la Cassazione ha foraggiato per 20 anni l’ala stragista di Cosa Nostra (cfr Sentenza Dell’Utri), quando oramai è numericamente e politicamente isolato (nonché decaduto dal Parlamento) è una bestemmia. Tant’è che gli elettori, di fronte alla prospettiva di un Nazareno-bis (come auspicato a pochi giorni dal voto da Matteo Renzi), sono andati in massa a riversarsi da Forza Italia a Salvini per scongiurare l’ipotesi.

Infine, ironizzare sul fatto che Roberto Fico, prima di diventare parlamentare, avesse lavorato in un call center, nel paese dove i giovani non trovano lavoro, la dice lunga sul perché oramai l’elettorato storico del centrosinistra abbia scelto altri lidi. Altro che turarsi il naso, se il PD continua su questa strada c’è da scappare a gambe levate.