#Bologna e tornelli, riflessione a freddo

Sulla rivolta dei tornelli a Bologna si è già detto e scritto abbastanza. Piuttosto che sulle motivazioni che hanno spinto il collettivo a occupare o la polizia a sgomberare, è ora di riflettere sugli effetti di tutto questo marasma. E non si tratta di quelli meramente materiali (la biblioteca devastata), ma delle ripercussioni che la vicenda ha avuto sull’opinione pubblica. Ancora una volta, ad uscirne danneggiata è l’immagine della sinistra. Le immagini circolate sul web e in televisione, quelle dei tavoli lanciati addosso ai poliziotti e dei locali messi a ferro e fuoco, prestano il fianco solo alla mentalità reazionaria dilagante. Affermare ciò non significa stare dalla parte dei celerini, che peraltro si sono sempre contraddistinti per il loro uso assai discutibile della forza e le infiltrazioni fasciste. Significa mantenere una coerenza tra mezzi e fini.

Concretamente questo vuol dire che certo, vogliamo un’università libera, aperta e popolare, che sia luogo di scambio culturale e crescita umana. Ovvio, detestiamo che la si stia trasformando in un enorme ufficio di collocamento (che tra l’altro funziona anche male, visti i dati sulla disoccupazione giovanile), un’azienda parastatale in cui la merce sono gli studenti. Però siamo anche coscienti che per realizzare un obiettivo così ambizioso sono necessarie grandi forze, proposte persuasive, affidabilità. In breve, è necessario creare un’egemonia culturale. Proviamo a tastare il polso del Paese in questo momento: la gente ha bisogno di sicurezza? Ovvio che corra dalla Lega Nord, se tutto ciò che questi sedicenti “comunisti” sanno offrirle sono occupazioni e guerriglia urbana. La destra xenofoba si comporta in maniera fascista? Giusto, denunciamo tutto ciò. Ma non ha senso adottare lo stesso modus operandi, con operazioni meschine come organizzare linciaggi sul web diretti alla promotrice di una petizione per dissociarsi dalle azioni del collettivo.

Un autolesionismo disarmante. Come quando lo stesso collettivo interruppe la lezione di Angelo Panebianco. Come quando fu fatto passare per democratico persino Salvini, dopo un blitz in libreria durante il quale furono stracciate delle copie del suo libro. Stavolta si trattava del collettivo Hobo, sempre a Bologna. A che pro? Cosa si è ottenuto, se non attirare ulteriore odio? E non proviamo a buttarla sul centenario dilemma tra leninismo e gramscismo. Lenin aveva una guerra mondiale in corso e un popolo di operai e contadini che aveva sempre vissuto sotto l’autocrazia zarista. Ma gli universitari di Bologna non sono operai russi del 1917 e i membri del collettivo non sono il Partito bolscevico. Non sono l’avanguardia di un bel niente, per dirlo chiaramente.

Quindi, se vogliamo cambiare il mondo dobbiamo innanzitutto saper leggere la realtà. Questo comporta un grande sforzo di analisi e studio, perché la rinuncia a qualsiasi programma strutturato porta alla lunga ad essere etichettati come “quelli che sanno dire solamente no” (e infatti, qualora non fosse chiaro già durante la campagna per il referendum costituzionale, è così che l’italiano medio considera la sinistra). Anche il deficit di affidabilità è legato a comportamenti fuori dalla realtà: da un lato i disastri di palazzo compiuti dalla fine del primo governo Prodi in poi, dall’altro la totale autoreferenzialità delle lotte di piazza. Insomma, basta tenere a mente quello che diceva Antonio Gramsci:

“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.”

Ecco, essere davvero comunisti significa questo.

Sicuramente la storia della sinistra è anche fatta di occupazioni, scioperi, cortei, scontri con la polizia. Senza tutto ciò probabilmente non avremmo quei diritti sociali che il neoliberismo sta accuratamente smantellando. Ma il conflitto ha effetti positivi quando è parte di un’ampia attività politica razionale e organizzata, che sappia raccogliere un ampio consenso, altrimenti è scontro insensato oppure un carnevale. Come in questo caso.

10 commenti su “#Bologna e tornelli, riflessione a freddo”

  1. Quelli che hanno danneggiato la biblioteca e non solo di Bologna sono solo fricchettoni viziati figli di papà che si sono fumati di tutto ed anche il cervello. In un paese normale, sarebbero ai lavori forzati

    • Hai ragione , e danneggiano la sinistra come immagine! I poliziotti avranno anche esagerato , ma quando a una forza pubblica si tirano sedie in testa quegli idioti non dovrebbero fare i piangina!

  2. Oggi come ieri i figliocci di berlinguer si sentono comunisti ma sono solo.riformisti, e si evince da ciò che scrivono. Da sempre rimandate il conflitto ma non capite che bisogna rompere con il sistema e con il concetto stesso di sinistra, solo così si costruisce egemonia e si rompe con la tradizione del Pci e della Cgil che giusto 40 anni fa ineggiavano per primi all’austerità.

    • Ti consiglio di leggerli i discorsi di Enrico Berlinguer sull’austerità, impareresti qualcosa. Sempre che tu riesca a coglierne il significato, visto che sei rimasto ancora all’uso di “riformista” come insulto (andava bene negli anni ’70 forse). Dopo 40 anni di “conflitto” si è visto quanto siete egemoni: non riuscite nemmeno più a farvi seguire dagli studenti nell’occupazione di una biblioteca. #Chapeau, continuate pure così. ;)
      PF

    • E voi invece avete trasformato il primo partito comunista d’Europa nel PD. #chapeau
      Comunque a Bologna vi salutano 2mila studenti, io intanto vado a rileggermi l’autobiografia di prospero gallinari, altroché gli amici dei padroni che parlano di austerità.

    • Andrea Rinaldi voi? Come tutti i trinariciuti riuscite solo a ragionare con una logica binaria. E dire che non siete computer. Anche se però se lo foste, forse andreste su google e scoprireste che con il PD non abbiamo nulla a che fare. Ah, già: è troppo difficile scomporre la realtà in colori diversi dal bianco e dal nero.
      Cavolo, 2mila studenti: non si capisce allora come sia possibile che ad occupare il 36 fossero solo una trentina. Fenomenale comunque che dopo 40 anni non siate progrediti di una spanna e finite per essere assolutamente complementari a quelli che voi chiamate “gli amici dei padroni”. E fate gli interessi dei padroni, a cui serve che qualcuno mantenga in vita lo stereotipo che propagano oramai da 40 anni.
      PF

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