#Guidi e le ragioni del #Sì il #17aprile

Il petrolio è un affare di famiglia, per l’ormai ex Ministra dello Sviluppo Economico, la ‘confindustrina’ Federica Guidi. Intercettata, Guidi – che è stata Presidente dei “giovani” di Confindustria, figlia di Guidalberto, già vicepresidente di Confindustria e membro dei CdA di Fiat e Ferrari – rassicura il compagno, l’ingegnere Gianluca Gemelli, che “riscuremo a mettere dentro quell’emendamento al Senato se è d’accordo Mariaele”. Quella Mariaele è, ovviamente, Maria Elena Boschi.

Subito dopo aver parlato con la compagna, l’ingegnere telefona al dirigente Total Giuseppe Cobianchi per “dare una buona notizia”: “Si ricorda che c’era stato casino e avevano ritirato un emendamento? Pare che oggi riescano ad inserirlo nuovamente al Senato… pare ci sia l’accordo con Boschi e compagni. È tutto sbloccato”. Oltre a questo, ci sarebbe un incontro sospetto, risalente al 18 novembre 2014, fra i dirigenti della Total e Guidi, “fatta conoscere direttamente” dal compagno di quest’ultima.

L’emendamento in questione, inserito nel cosiddetto Sblocca Italia, avrebbe portato all’autorizzazione del giacimento ‘Tempa Rossa’ della Total. La Procura cita appunto il compagno della Guidi che, “sfruttando la relazione di convivenza che aveva col ministro allo Sviluppo economico indebitamente si faceva promettere e otteneva da Giuseppe Cobianchi, dirigente della Total le qualifiche necessarie per entrare nella “bidder list delle società di ingegneria” della multinazionale francese e partecipare alle gare di progettazione ed esecuzione dei lavori per l’impianto estrattivo di Tempa Rossa”.

La vicenda processuale, che sicuramente andrà avanti, dimostra chiaramente come votare il 17 aprile sarà importante: rimanere a casa significa dare una mano agli amici del compagno della ex-Ministra Guidi, oltre che rinunciare al più importante diritto-dovere che un cittadino ha. Chissà se Mariaele rimarrà a braccia conserte.

9 commenti su “#Guidi e le ragioni del #Sì il #17aprile”

  1. X Carla Anna Prati: Disattivando le trivelle,potrebbero non “smantellare” le piattaforme,ampliando le basi e, con la installazione dei servizi “igienici”utilizzare le strutture come “balere” sul mare. Si continuerebbe la coltivazione delle “cozze”,anzi, aumentandone la produzione si darebbe lavoro alle maestranze che, volendo, potrebbero esercitare il mestiere di “pescatore”.Non sono fantasie le mie e fino a quando le convenzioni non cesseranno,esperti,tecnici e studiosi potrebbero,con interventi delle istituzioni, incominciare a valutarne le realizzazioni.Carla, suppongo che Lei appartenga allo schieramento del cambiamento o “”del pseudo cambiamento!!??”” Cordialmente. F.F.

  2. Tutto giusto. Peccato però che il referendum del 17 c.m. riguarda le piattaforme estrattive in mare, entro le 12 miglia marine e non quelle sulla terraferma, come Tempa Rossa.

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