Nulla vi è di superfluo, tutto in questo libro è essenziale.
Saul Bellow descriveva così Il sistema periodico di Primo Levi. Di lui, come tanti di voi, ho letto ormai diversi anni fa i libri dolorosi eppure vivissimi sulla guerra e i campi di sterminio: Se questo è un uomo, La tregua, I sommersi e i salvati. Sono preziosi riti di passaggio della scuola dell’obbligo italiana, da leggere per intero d’estate, o a pezzi durante l’anno, dal libro di antologia. Invece Il sistema periodico mi è sfuggito per anni, da chimico dovrei quasi vergognarmene…
Chimica è una parola dall’etimo incerto, forse viene dal greco chemeia che significa “fondere” o forse dall’arabo chema, ovvero “segreto”, o ancora da Kemi, l’antico nome dell’Egitto dove si dice vi fossero i maghi più rinomati del mondo antico. Per i latini era l’arte (ars) chimica e, piaccia o meno ai razionalisti intransigenti, è figlia della ricerca della pietra filosofale e di migliaia di tentativi di trasformare il piombo in oro: dall’alchimia ha infatti ereditato il nome, chimia, perdendo solo l’articolo arabo al.
La chimica ha il fascino della scienza che progredisce rimanendo uguale a se stessa: se togliete qualche strumento di misura e i moderni sistemi di sicurezza, un laboratorio del 2014 non è diverso da uno di fine ‘800. Non accade in molti altri campi. L’astronomia, la fisica, la biologia, sono le scienze del futuro, sono quelle che fanno muovere le navicelle spaziali, che costruiscono i robot o clonano gli esseri umani per spedirli su un’altra galassia. La chimica invece ci parla delle cose di ieri, ci racconta come sono nate le stelle, di come Giulia Tofana divenne ricca vendendo veleni (che volete fare, allora non si poteva divorziare…) e della polvere da sparo.
Così Primo Levi attraverso la chimica racconta la sua storia, e di riflesso anche quella dell’Italia fascista. Ogni capitolo è anche un racconto autonomo, legato a un elemento della tavola periodica (azoto, piombo, arsenico, cromo, nichel, e via dicendo), che gli dà anche il titolo. Qualche anno fa la Royal Institution nominò questo libro il più bel testo scientifico di sempre. Lo stile asciutto eppure intenso di Levi, le mai scontate associazioni tra la chimica e la vita, il ritratto originale e vivido dell’amore e dell’amicizia, le affascinanti digressioni linguistiche, fanno de Il sistema periodico uno dei titoli più apprezzati da intellettuali e lettori stranieri. Pochi autori italiani (su tutti Svevo, Calvino e Gadda) hanno saputo cogliere le infinite possibilità che il dibattito scientifico (la psicoanalisi, la meccanica quantistica, la teoria della relatività) stava fornendo all’evoluzione della letteratura mondiale: Primo Levi fu tra questi e tra di essi fu la personalità più umile, discreta e assai più sfortunata.
Nella sua singolare biografia c’è tutta la passione della gioventù e delle cose non dette. Come gli amori mai confessati e perciò mai nati, o come la madre, con cui passò quasi tutta la vita, ma di cui, nel libro, non parla mai. Nella sua personale tavola periodica, Levi sa far emergere tutta la forza sorprendente della vita che scorre nonostante la guerra e la dittatura. Un libro prezioso, da avere tra i grandi classici della letteratura mondiale, per leggerlo e rileggerlo.
Io pensavo ad un’altra morale, più terrena e concreta, e credo che ogni chimico militante la potrà confermare: che occorre diffidare del quasi-uguale (il sodio è quasi uguale al potassio: ma col sodio non sarebbe successo nulla), del praticamente identico, del pressapoco, dell’oppure, di tutti i surrogati e di tutti i rappezzi. Le differenze possono essere piccole, ma portare a conseguenze radicalmente diverse, come gli aghi degli scambi; il mestiere del chimico consiste in buona parte nel guardarsi da queste differenze, nel conoscerle da vicino, nel prevederne gli effetti. Non solo il mestiere del chimico.