Il Ministro, il lavoro e la meritocrazia

We’re trying to protect individuals not their jobs. People’s attitudes have to change. Work isn’t a right; it has to be earned, including through sacrifice.

La frase è tratta da un’intervista al Ministro del Welfare, Elsa Fornero, al Wall Street Journal. Anche volendo prendere per buono il fatto che nella traduzione dall’inglese all’italiano, la frase può essere mal interpretata e quindi il significato è che “il lavoro bisogna meritarlo”, assistiamo ad una pontificazione, da parte del Ministro, totalmente fuori luogo.

Oggi più che mai, con la disoccupazione giovanile alle stelle, con tanti giovani competenti costretti a lasciare il paese, sentir parlare di meritocrazia è avvilente. Con mezza classe politica nominata non certo per merito amministrativo o/e politico, sentir parlare di meritocrazia è oltraggioso. Sentir parlare di meritocrazia dalla Fornero che ha come sottosegretario Michel Martone, è un’offesa a tutti quegli italiani che il lavoro se lo sono sudato con anni e anni di gavetta, senza nessun papà col nome che conta o che partecipa alle cene che contano.

Michel Martone, uno che ha avuto consulenze da 40.000 euro su i “problemi giuridici della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche di paesi terzi” per la Pubblica Amministrazione di Renato Brunetta. Uno che si è pagato gli studi facendo il dog sitter. Chissà come avrà fatto a pagare affitto, bollette, rasporti ecc.. con quello che guadagna un dog sitter….

Sentir parlare di meritocrazia in questo paese dei doppi incarichi, dove la casta politica ha i privilegi dei regnanti del primo ‘700, dove i “rimborsi elettorali” (che sono un’offesa alla miseria) vengono utilizzati per comprare lauree e diamanti, fa salire la bile a chi deve portare avanti una famiglia con 1200 euro al mese e non sa se avrà la possibilità di poter far studiare i propri figli.

Ora è venuto fuori il vero spirito del ministro, le sue famose lacrime erano soltanto l’emozione del debutto e null’altro.