E’ passata quasi in silenzio l’ennesima richiesta di rinvio a giudizio per Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio.
Certo, il nostro è di sicuro un paese in cui i giornalisti non si annoiano, dove gli scandali sono all’ordine del giorno, non è facile seguirli tutti. Ma questo è anche il sintomo di un popolo, il nostro, stanco di tutto lo schifo che lo circonda, che – pericolosamente – ha perso ormai la forza di indignarsi.
Spieghiamo innanzitutto il titolo: impossibile non è, purtroppo, commettere il reato di voto di scambio, quanto accertarlo giuridicamente e, allo stato dei fatti, “contenerlo” in tutte le sue forme. Il Codice Penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter), recita infatti:
“La pena stabilita dal primo comma dell’articolo 416 bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti [..] in cambio della erogazione di denaro .”
Insomma, il Codice parla (sin troppo) chiaro: rientra nel voto di scambio la sola elargizione di denaro in cambio della promessa di voto. La Corte di Cassazione ha inoltre sancito che non basta nemmeno la sola elargizione di denaro, ma è necessario provare che il soggetto che riceve denaro, sia “aderente a consorteria di tipo mafioso e faccia ricorso all’intimidazione ovvero alla prevaricazione mafiosa per impedire ovvero ostacolare il libero esercizio del voto e per ostacolare il risultato elettorale”.
Riepilogando bisogna dimostrare, “al di di là di ogni ragionevole dubbio”, che:
- ci sia accordo tra il candidato e un’altra persona;
- la persona coinvolta sia vicina o faccia parte di ambienti mafiosi;
- abbia fatti ricorso a metodi mafiosi alterando il risultato elettorale.
Se tutto ciò fosse facile, per non dire fattibile, tante cose sarebbero diverse in Italia.
Non ci vuole Diabolik nè l’avvocato Azzeccagarbugli per capire come sia immediato non cadere nel reato di voto di scambio: un voto si può comprare con appalti, assunzioni, viaggi, soggiorni in alberghi, pranzi.
Persino wikipedia, con un cinismo, spero, non voluto, distingue paradossalmente tra voto di scambio legale e illegale, ovvero:
Il voto di scambio legale è frutto del clientelismo politico e consente, a chi ne usufruisce, di vedere soddisfatta una propria richiesta legittima in cambio del voto. Si pensi ad un campo destinato all’agricoltura che diventa edificabile, in seguito alla modifica del PGT. Se tale modifica di destinazione d’uso è fatta nel rispetto delle norme vigenti non determina alcun reato, ma consente al proprietario del terreno di vedere legalmente accresciuto il proprio patrimonio personale. In cambio il politico guadagna il consenso di quell’elettore. Il voto di scambio illegale è quello in cui un politico offre in cambio del voto qualcosa che non è legittimato ad offrire. Per esempio un posto in un’Amministrazione pubblica con un concorso pubblico addomesticato o il condono di un abuso edilizio non condonabile o il cambio della destinazione d’uso di un immobile in violazione alle norme del PGT.
Wikipedia fa però tanta confusione: come già detto, rientra propriamente nel “voto di scambio” ottenere una promessa di voto in cambio di denaro; anche quelle pratiche che vengono definite “legali” costituiscono quantomeno una violazione del regolamento elettorale.
Il problema, in questo caso, è tutt’altro che formale, ma ha un riscontro pratico e uno ideologico. Nella pratica infatti non si ricade quasi mai nel reato di scambio di voto, reato grave, tanto da essere accorpato nell’articolo sulle associazioni di tipo mafioso. Ogni altro mezzo adoperato per ottenere il voto, che non sia il denaro, ricade in violazioni del regolamento elettorale o abusi di ufficio, reati almeno sulla carta minori, lontani dallo stampo mafioso. Ciò si riflette dal punto di vista ideologico nel considerare il voto di scambio, inteso come falsificazione del voto e quindi attacco all’assetto democratico, come un mero abuso di potere da una posizione garantita (solo chi svolge funzioni pubbliche può commettere abuso di ufficio).
Ovvero: non metto in dubbio la legittimità di quella carica politica, cerco di verificare che “non abbia esagerato” con i poteri che gli sono stati attribuiti.
Ma il punto di vista dev’essere assolutamente invertito: la funzione pubblica dev’essere ricoperta da persone integerrime, al di sopra di ogni sospetto, perché la classe politica dev’essere guida anche morale del Paese. Il punto cardine del processo democratico, il voto, dev’essere difeso con ogni mezzo, in modo che il risultato elettorale debba essere accettato da tutti e di conseguenza rispettato. Ma come rispettare un politico su cui si abbia anche solo il sospetto che si sia comprato i voti?
Torna ancora una volta la Questione Morale come chiave del contrasto alla mafia, ed emergono ancora le carenze, questa volta di tipo legislativo, che dopo decenni ancora non riusciamo a sanare.
Ma non aveva detto che se rinviato a giudizio si sarebbe dimesso? Per i politicanti è proprio impossibile mantenere la parola data!!!!!