E lo spread tornò a salire

Molti, Governo in primis, sembravano essersi dimenticati dello spread, bestiaccia nera che tormenta il sonno degli italiani ormai da quasi un anno. Dopo essere calato a metà marzo a quota 278 punti base, il differenziale di rendimento tra titoli di Stato italiani e tedeschi è salito fino a sfondare nuovamente quota 400. E dire che Monti, solo un paio di settimane fa, era andato baldanzoso in Asia a vendere i frutti, diceva lui, del buon lavoro del suo Governo. “La crisi dell’eurozona è ormai finita” aveva sentenziato il Premier. Se avesse consultato qualche agenzia di stampa, o avesse incaricato qualche suo consulente anche solo di farsi un giro su twitter per vedere l’aria che tira tra gli investitori internazionali, avrebbe capito che per i mercati la crisi non è affatto passata.

La grancassa dell’informazione unica non ha perso occasione per dare la colpa dell’accentuarsi della tensione sui titoli di stato al dietrofront del Governo sui licenziamenti facili. Le cose, in realtà, non stanno proprio in questi termini. Tutte le borse europee, non solo Milano, registrano forti passivi in questi giorni. Quel che fa preoccupare i mercati, molto più del famigerato articolo 18, è la continua inazione in politica economica delle istituzioni europee. L’iniezione di liquidità della BCE (il famoso megaprestito alle banche) aveva fatto da tampone alla crisi dei debiti sovrani, ma è da considerare una misura di breve periodo.

I Governi europei sono finora stati a guardare, limitandosi ad attuare quell’austerità, voluta dalla Germania, che tanti danni sta procurando ai Paesi più in difficoltà. Non è stato fatto nulla nemmeno per aumentare l’efficacia del Fondo Salva-Stati (Efsf, ora diventato Esm). Dopo aver promesso di aumentare l’entità del fondo per fronteggiare possibili crisi future, l’Eurogruppo è stato del tutto ambiguo nel quantificare le cifre effettivamente impiegate. L’annuncio parla di 800 miliardi di euro, ma al netto delle somme già impegnate per Grecia, Irlanda e Portogallo, pare ci siano solamente 500 miliardi di euro da destinare agli interventi futuri.

L’ambiguità e l’irresolutezza delle autorità europee hanno alimentato il nervosismo sui mercati. E che il rischio contagio sia ancora alto lo dimostra la fuga dei fondi di investimento da Italia e Spagna che han provveduto a ritirare tutta la loro liquidità dai due Paesi.

Noi di Qualcosa di Sinistra, mentre giornali e tv sgomitavano per lodare il salvatore della patria sceso in terra per riscattare l’Italia dal baratro, avevamo messo in guardia circa il fatto che le possibilità di un contagio della crisi del debito fossero ancora elevate.

Il rischio concreto è che ancora una volta si prenda a pretesto il riacuirsi della crisi per finire di distruggere quel poco di welfare che è rimasto in piedi, preso a picconate dalle manovre e dai governi fintamente tecnici come quello italiano.

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