Nel giorno in cui arriva la notizia che il Governo Monti ha, de facto, paralizzato l’attività antimafia del Comune di Milano (e di tutte le altre amministrazioni che ci provavano), è arrivata anche la sentenza per il processo Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia sciolta nell’acido dall’ex-compagno, Carlo Cosco, e cinque complici. Sei ergastoli e 200mila euro di risarcimento per Denise, la figlia di Lea, parte civile al processo contro il padre.
Tutto è bene quel che finisce bene? Per nulla. Ad assistere alla sentenza c’era anche Giulio Cavalli, attore, scrittore, consigliere regionale di SEL sotto scorta per le minacce ricevute dalla ‘ndrangheta qui in Lombardia. Entrato nell’aula della Prima sezione della Corte d’assise insieme a Nando Dalla Chiesa, Cavalli è stato accolto da frasi e urla provenienti dalla gabbia dove Carlo Cosco (ex compagno di Lea) attendeva la lettura della sentenza: «Perché scrivi sui libri che siamo mafiosi?», continuavano ad urlare, fino alla seguente accusa: «Scrivi perché sei un cornuto e un infame»
Cornuto e infame. Come se la colpa fosse dello specchio e non di chi ci sta davanti. Quando alcuni sgallettati parlamentari (e non solo) si farciscono la bocca di antimafia, forse dovrebbero fare quello che fa tutti i giorni Giulio Cavalli; il punto è che non lo fanno perché evidentemente non sono abbastanza cornuti e infami come lui. Del resto, ci sarà pure un motivo per cui Giulio Cavalli è sotto scorta e gli altri consiglieri regionali, provinciali e comunali no.
Siamo tutti Cornuti e Infami. Giulio non è solo.
” Cornuto e infame”. E’ la firma della mafia. Sembra sentire voce di Toto’ Riina e di Bernardo Provenzano.
Se essere cornuti ed infami significa essere per la legalità e contro ogni violenza…allora viva le corna e viva l’infamia!