La farsa delle liberalizzazioni delle banche

La fase due, quella che punta alla crescita economica, è cominciata. Il decreto legge sulle liberalizzazioni è stato approvato al Senato con 237 sì e 33 voti contrari e la prossima settimana passerà all’esame della Camera che dovrà modificarlo in legge entro il 24 marzo.

Ad essere toccati saranno i liberi professionisti, il settore dei trasporti, i benzinai, l’Eni (si prevede la seperazione della rete di distribuzione del gas per favorire la concorrenza in un prossimo futuro), gli esercizi commerciali e per ultime (ma proprio ultime) le banche e le assicurazioni.

Teoricamente per i consumatori tutto ciò non può essere che vantaggioso. Infatti i prezzi si abbasserebbero grazie all’ingresso di nuovi operatori nel mercato, la qualità dei servizi migliorerebbe e si ottimizzerebbe sia la domanda che l’offerta. Questo favorirebbe anche l’aumento dell’occupazione.

Occorre però, soffermarsi sull’azione del governo in tema di banche. Le liberalizzazioni in tale settore non sono di grande impatto, nonostante le ultime timide modifiche che prevedono che il cliente avrà la possibilità di scegliere fra due preventivi alternativi per quanto riguarda i mutui.

L’Abi col suo presidente Giuseppe Mussari (che annuncia le dimmissioni) si é opposto ad un emendamento che definisce la nullità di tutte le clausole che comportano commissioni a favore degli istituti di credito, nel momento in cui si concede il finanziamento. L’associazione dei banchieri protesta in quanto il governo “non potrebbe vietare i ricavi per legge”. Il 5 marzo però, ecco la marcia indietro: l’abolizione delle commissioni è limitata solo agli istituti di credito che non sono in regola sulla questione relativa alla trasparenza. Il governo dei banchieri dunque salva  le banche.

Al capo VI del decreto legge n.1 del 24 gennaio “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” si affrontano le questioni relative al calo dei costi per l’uso della moneta elettronica e dei prezzi della Rc auto. C’è il rischio che i prezzi di banche e assicurazioni non calino: potrebbero continuare a salire dato che la concorrenza, secondo quanto affermato dall’Authority, in questi settori è molto debole.

Le nostre banche possiedono azioni in società partecipate (come le assicurazioni) e concedono prestiti a queste società azzerando il loro rischio. In poche parole fanno un prestito a loro stesse. Oltretutto le banche italiane sono quelle che molto più delle altre banche europee chiedono prestiti a tassi bassissimi alla Bce non destinando il danaro alle famiglie o alle imprese che faticano sempre più ad accendere, ad esempio, un mutuo.

Per ridimensionare il potere delle banche e per favorire il cliente, si dovrebbe partire da una riduzione dei costi per chi ha difficoltà ad accedere al credito come ad esempio, delle spese di tenuta conto e delle commissioni bancarie e favorire un maggior controllo e una maggiore concorrenza.

Non sarebbe più giusto controllare di più gli istituti di credito? Non sarebbe l’ora di considerare l’ipotesi di una vera riforma strutturale?

L’esecutivo avrebbe dovuto chiedere più trasparenza (ricordiamo che il nostro paese ha i costi connessi alle operazioni bancarie più alti in Europa). Se davvero si vuole promuovere la crescita bisogna investire. E per farlo è necessario che le banche s’impegnino a concedere credito alle imprese specialmente a quelle piccole e medie che, a causa dell’impossibilità di chiedere prestiti, molto spesso sono obbligate a licenziare i dipendenti.

Il controllo da parte delle autorità politiche è oggi più che mai indispensabile se si vuole giungere a capire come è stata provocata la crisi dalle banche e, sopratutto, come hanno sguazzato nella crisi.

Un rapporto redatto da Friends of the Earth Europe ha rivelato che 29 grandi istituti di credito (tra cui spunta Unicredit) esasperano i prezzi delle commodities alimentari contribuendo ad aumentare la fame dei paesi sottosviluppati. Gli speculatori finanziari controllano ormai il 60% del mercato dei cereali. I ministri di questo super governo che possiedono migliaia di azioni dell’Unicredit, ne sono al corrente?

E’ giunto il momento di punire i responsabili della crisi che hanno ridotto sul lastrico interi stati europei (basti pensare alla Grecia) e che continuano imperterriti ad affamare le popolazioni del terzo mondo.

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