Celentano: “Via i partiti dalla Rai”

Una cosa sacrosanta Adriano Celentano l’ha detta: i soldi del suo compenso non sono dei cittadini, sono soldi suoi. Esattamente come i soldi che si devono ad un falegname quando fa una tavola. E’ vero, è uno degli uomini più pagati d’Europa, ma, a differenza di molti altri, i soldi del suo compenso sono meritati, visto che ha fatto fare il boom di ascolti alla Rai (con relativi introiti pubblicitari).

E ha anche detto un’altra cosa sacrosanta: basta con i partiti che in RAI decidono tutto. Non se ne può più. Sono loro, con la scellerata gestione portata avanti in questi ultimi 10 anni, che hanno ucciso il Servizio Pubblico e distruggono i soldi dei cittadini.

Le polemiche non finiranno (la Lei ha aperto una pratica al Comitato Etico della Rai, cose da farci rimpiangere Masi), quello che lascia stupefatti è l’aggressione populista e qualunquista anche da parte di persone che si definiscono “intellettuali”, con l’unico risultato che a ruota migliaia di piccoli imbecilli ripetono le stesse vane parole e stereotipi buoni solo per infangare la professionalità di uno come Celentano.

Che infatti si chiede chi altri avrebbe fatto picchi del 70% di share con 17 milioni di italiani incollati allo schermo. Può non piacere Celentano, per carità. Ma Celentano è Celentano, si sa già chi è e che va controcorrente, non si può pensare che vada (o che lo chiamino) in televisione a fare quello che farebbe Simona Ventura o chissà chi altri di quelli strapagati e che non ottengono gli stessi risultati (nessuno però che faccia polemica sui compensi, chessò, di Geppi… demenziale? Sì, esattamente come fare polemica su quelli di Celentano, che per altro li dà in beneficenza).

Questo accanimento smaschera quelli che se la prendono con i moralisti, i qualunquisti e i predicatori: sono loro i primi, che abusano del proprio potere nella politica, nella stampa, in televisione. Ma la colpa, come al solito, è nostra. Che gli permettiamo di fare certe cose.

La gente non conosce il potere che ha. Ed è un peccato.