Tutto #Renzi, niente arrosto

Da domani comincerà a lavorare per davvero, lo ha promesso. Quindi andrà a Treviso per il suo primo bagno di folla, un po’ di scatti coi fotografi, qualche bacio ai bebé presenti, tante strette di mano. Signori, benvenuti nell’era Renzi: poco dopo la mezzanotte (e in sua assenza) il Senato ha votato la fiducia al sindaco di Firenze con 169 voti a favore (4 meno del governo Letta) e solo 17 applausi (contro i 45 ricevuti da Letta).

Sembra passato un secolo da quella famosa intervista alla Bignardi in cui prometteva che sarebbe arrivato a Palazzo Chigi con le elezioni, non con inciuci di Palazzo: e in effetti, è stato di parola. Nessun inciucio, semplicemente la più classica delle pugnalate alle spalle all’amico Enrico come la tradizione democristiana prescrive. Niente Seconda Repubblica quindi: a quanto pare funzionano meglio i riti della Prima, come dimostra anche la spartizione dei ministeri, in ossequio al rigoroso Manuale Cencelli (e con le nomine dei sottosegretari ne vedremo delle belle).

Dal PD gli hanno votato la fiducia in modo poco convinto e il commento unanime è stato: “Ha fatto un comizietto da sindaco“. Questa è bella: e cosa vi aspettavate? Andava a braccio, si è divertito a replicare ai cinque stelle, ha sostenuto che la scuola non ha bisogno di soldi (certo, come no, bastano i sorrisi e le strette di mano ogni mercoledì mattina) e, infine, ha prospettato il succo della sua azione: sblocco totale dei debiti della PA, l’estensione del sussidio di disoccupazione da 8 mesi a 2 anni e il taglio di 10 punti del cuneo fiscale. Una robetta da 100 miliardi, a grandi linee. Dove prenderà i soldi, non è dato sapere.

Nessun riferimento alla corruzione, alla lotta alla mafia, al Mezzogiorno: ha provato a rimediare nella replica, ma la toppa è stata peggiore del buco. Per non parlare della politica estera, a cui non ha fatto alcun riferimento. Mentre ha parlato molto di giustizia e di riforme: vedremo cosa partorirà a giugno, ma viste le premesse e il ministro, c’è da aver paura.

Alla fine, dopo quel fiume in piena di parole cosa resta? Mera propaganda. E nemmeno tanto efficace, la sa fare meglio Berlusconi. La retorica da libro Cuore ha francamente stancato (avrebbe stupito maggiormente se si fosse rifatto a Cuore, la rivista di satira).

Scalfari (di cui tutto si può dire, tranne che sia un pericoloso estremista), ieri nello Speciale di Ballarò ha detto una cosa giusta: “A me non frega nulla che se fallisce, loro ci perdono la faccia. A me preoccupa che se falliscono loro fallisce il paese.” Ecco, già da come nato e da come è stato formato, questo Governo non fa ben sperare: speriamo che in mezzo a tutto quel Renzi, ci sia anche un po’ di arrosto o è meglio che cominciamo a fare di corsa le valigie.

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