Ci ha lasciati il partigiano Franco Gibaldi

Io lo conoscevo solo come “Nonno Franco“, perché era il nonno di un mio amico, Andrea. Per anni siamo andati al mare nello stesso posto, a Palinuro. Non credo di averlo visto mai accigliato: me lo ricordo sempre col sorriso, come in questa foto che gli scattai 9 anni fa, e il suo giornale sotto braccio. Franco Gibaldi però non era solo un nonno: era anzitutto un compagno, nel senso antico e più puro del termine, e soprattutto di fede comunista. Per anni il compagno Gibaldi sotto a quel braccio aveva portato fieramente l’Unità, il quotidiano del Partito Comunista Italiano.

Il partigiano Franco Gibaldi

Proprio quella fede lo aveva portato insieme ai fratelli Gino e Carlo tra le montagne, in Val d’Ossola, col fucile in mano, a combattere nazisti e fascisti. Furono in tanti a cadere, tra quelle montagne. Molti compagni di lotta di Franco persero la vita nell’eccidio di Fondotoce, dove il 20 giugno 1944 i nazifascisti fucilarono 43 partigiani. Nonostante questo i fratelli Gibaldi continuarono a lottare fino alla Liberazione del 25 aprile 1945.

Stiamo perdendo, purtroppo, la memoria di quei fatti. E da una ventina d’anni a questa parte il revisionismo storico più becero tenta di mettere sullo stesso piano chi come Franco ha lottato per la libertà, e anzitutto la dignità, di questo Paese, e chi invece voleva trasformarlo in una colonia dei nazisti. No, non erano e non saranno mai sullo stesso piano.

Anche perché il compagno Franco Gibaldi non smise di combattere dopo quel 25 aprile 1945, ma per tutta la vita si è impegnato a difendere gli ideali in cui credeva, che erano proprio di altra matrice rispetto a quella che soffocò l’Italia per un ventennio (e in parte, con le sue oscure trame, ha continuato a farlo fino ad oggi).

Il compagno Gibaldi, da sempre iscritto alla Sezione Anpi del Giambellino, era solito girare per le scuole a raccontare la Resistenza. Faceva memoria. Ora che la sua voce si è spenta, tocca a noi difendere la memoria di ciò che è stato. Ma soprattutto continuare a lottare, perché questo paese non è ancora libero. E lo sarà sempre meno se accetteremo che i tanti Franco Gibaldi vengano equiparati ai fascisti. 

Grazie compagno Gibaldi, “Nonno Franco”: la mia generazione non ti sarà mai abbastanza riconoscente per tutto quello che hai fatto. Riposa in pace.