Ciao Giulio

Tre anni fa scoprii che eri uno di quei 100mila under30 fan di Enrico Berlinguer e che di cose in comune ne avevamo tante. Stessa passione per la Politica, quella vera, quella con la P maiuscola, stessa scrupolosità nel fare ricerca.

Due anni fa con #cartabianca sono venuto a Fiumicello, dove sei nato, e mai potrò dimenticare lo sguardo di tua madre ma soprattutto quello di tuo padre. Li ho incontrati in un bar e sono rimasto in disparte in silenzio finché Bianca mi ha fatto cenno di avvicinarmi, ché i tuoi vedendomi lì zitto pensavano fossi un giornalista della concorrenza pronto a captare la più piccola parola per fare qualche scoop. Dopo la trasmissione siamo andati a cena nel tuo posto preferito e se non fosse stato per tua sorella che mi ha chiesto cosa facessi nella vita, sarei rimasto zitto tutto il tempo. Mi sentivo un abusivo.

L’anno scorso a Milano pioveva. Pioveva tanto. Eppure eravamo in tanti fermi sotto la pioggia con le candele in mano. Conservo come reliquie le candele delle due fiaccolate, quella di Fiumicello e quella di Milano. 

Oggi torno in piazza con un’altra candela. Perché sei diventato qualcosa di più grande e potente di un ragazzo ucciso da un regime. Sei diventato un simbolo di quella lotta per una “società che non sia un immondezzaio” (per dirla con Berlinguer). Una società dove vengano rispettate tutte le libertà meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane.

La lotta per una società del genere, nella quale tu credevi, val bene una vita. Ti hanno ucciso ma continui a essere la linfa della nostra lotta. Ciao Giulio.