#ElezioniUK, la lezione di Corbyn

«Con Corbyn i labouristi si avviano a 20 anni di sconfitte. Si vince al centro, non con la vecchia piattaforma di sinistra».
(Tony Blair, ex primo ministro inglese ed ex leader del Labour)

«Corbyn? Ai laburisti piace perdere. La sua elezione a capo del Labour ha reso felici i conservatori».
(Matteo Renzi, segretario Pd)#

Ieri circa 43 milioni di britannici sono stati chiamati alle urne per scegliere il nuovo premier inglese tra Theresa May, premier uscente dei Conservatori, e Jeremy Corbyn, leader dei labouristi.

Indette lo scorso aprile proprio dalla May sull’onda di sondaggi che le assegnavano un vantaggio di oltre 20 punti sul rivale, sarebbero dovute essere una travolgente avanzata del suo partito nell’ottica di portare avanti la c.d. “hard brexit“. Risultato: i Tories hanno perso la maggioranza assoluta e ora sono costretti a un governo di coalizione con gli unionisti nord-irlandesi.

Ennesima cantonata dei sondaggisti? No, perché a poche ore dal voto registravano quello che poi sarebbe stato a grandi linee il risultato finale, che vede un 42,45% (per 318 seggi) dei conservatori contro il 39,99% dei labouristi (tradotto in 261 seggi, 31 in più rispetto alle precedenti elezioni).

Il vero disastro è stata la campagna elettorale della May, che si è affidata allo stesso spin-doctor che ha all’attivo negli ultimo anno la sconfitta di Cameron sul referendum della Brexit, quella della Clinton alle presidenziali USA e quella di Matteo Renzi al referendum costituzionale: Jim Messina, ex-capo della campagna di Obama nel 2012.

La strategia, molto poco inglese e parecchio italiana, si è basata su un sistematico rifiuto al confronto con il suo principale competitor, che ha eroso consensi in un paese tradizionalmente abituato ai dibattiti tra futuri premier. Non solo: anche nelle interviste singole sostitutive del dibattito, la May ne è uscita malissimo. E non hanno giovato le sue prese di posizioni alla Thatcher sul welfare, che l’hanno obbligata a imbarazzanti marce indietro.

Il vero vincitore morale di queste elezioni, quindi, è proprio quel Jeremy Corbyn considerato vecchio e perdente da tutto l’establishment labourista che era già pronto a rimettere in discussione la leadership come qualche mese fa dopo la Brexit, salvo essere travolto dall’ondata giovanile rappresentata principalmente da Momentum. Un risultato che si è riflettuto anche nelle urne, dove Corbyn è arrivato primo nelle preferenze degli under-25. Un risultato in cui hanno contato un sapiente mix tra uso estensivo dei social media e campagna elettorale tradizionale “casa per casa” (qualcosa che nel nostro Paese sarebbe impensabile), oltre a un programma apertamente di sinistra, per nulla velleitario e utopico, che è riuscito in molti collegi ad azzerare il consenso dell’Ukip sovranista, recuperando il voto di protesta delle tradizionali classi di riferimento della sinistra (giovani, donne, operai).

Facendo poi una prima analisi del risultato a livello di collegi, si conferma quello che è stato visto anche in Francia, una polarizzazione forte tra centro e periferia, tra grandi metropoli e province, con queste ultime tendenti a scegliere le forze anti-governative. E’ la dimostrazione che non è vero che per esistere la sinistra debba spostarsi al centro, che aveva ragione Enrico Berlinguer quando ammonì chi nel suo partito cercava di convincerlo a spostare il PCI su posizioni centriste:

Secondo qualcuno il nostro partito dovrebbe finire di essere diverso, dovrebbe cioè omologarsi agli altri partiti. Veti e sospetti cadrebbero, riceveremmo consensi e plausi strepitosi, se solo divenissimo uguali agli altri… se decidessimo di recidere le nostre radici, pensando di rifiorire meglio. Ma ciò sarebbe, come ha scritto Mitterrand, il gesto suicida di un idiota.

Dunque diventa interessante capire quale sarà il destino di chi ha formalmente vinto queste elezioni. Mentre Corbyn è riuscito nell’impresa di evitare il disastro annunciato del suo partito, Theresa May adesso è sollecitata a farsi carico non solo delle proprie responsabilità, ma di quelle di un partito che sta rovinando una nazione intera e che non può continuare a restare inerte di fronte ai crescenti disagi politici, sociali ed economici.

16 commenti su “#ElezioniUK, la lezione di Corbyn”

    • Non ha vinto, ma ha raggiunto il suo obiettivo: ritrovare la leadership del partito e poter formare una degna opposizione al governo, che adesso è messo alle strette ed è costretto ad allearsi con gli xenofobi del partito unionista nordirlandese. Non un successo, ma un fatto positivo per la sinistra che sembrava messa malaccio in Europa

    • ok ha perso bene quindi, basta avere le idee chiare. Ha perso bene in una situazione anomala causata da brexit e attentati. La riprova si dovrà avere in una situazione “normale”.

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