Perché una nuova #Europa può salvarci

Alla frontiera tra Macedonia e Grecia si accalcano migliaia di migranti, stremati dal viaggio, con vite cariche di abbracci spezzati e in fila per un panino al giorno. Poche centinaia al giorno passano il confine, sicuri di avercela finalmente fatta, dopo un viaggio costoso ed estenuante tra due continenti, senza sapere che la potente e sana Europa li esporrà ad ulteriori ostacoli ed esclusioni.

Nel frattempo, a Berlino, Rosi vince l’Orso d’oro col suo docu – film Fuocoammare. I volti dei migranti, il lavoro dei medici e della guardia costiera diventano arte e il messaggio che passa è quello della compassione. È compito dell’arte, tra gli altri, unire poesia e realtà politica, ma forse è il senso di ipocrisia dei governanti a destar dubbi: non si può contemporaneamente elogiare un film e voltare la testa dall’altra parte.

2192837

Ecco che, quindi, in un quadro mondiale di questo tipo, l’azione dell’Unione Europea, prima ancora che dichiararla errata, quantomeno desta dei dubbi circa le finalità perseguite. Infatti, il Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ha concluso un accordo con Erdogan e la Turchia; in particolare, il progetto prevede che la Grecia funga da vera e propria frontiera invalicabile dell’Europa, rispedendo i migranti nei campi profughi turchi. Ankara, per gestire l’afflusso, sarà ricompensata con 3 miliardi di euro da Bruxelles, con la garanzia della riapertura dei negoziati per la sua adesione all’Unione. Così facendo, l’Europa sembra convincersi del fatto che si sia lavata le mani della faccenda, ma viene da credere che la coscienza rimanga sporca.

Quello che, però, desta più preoccupazioni sono le conseguenze e gli scenari collegati a questa situazione. La Grecia, già da tempo vessata da vincoli economici che stanno, più o meno necessariamente, comprimendo diritti ed opportunità, in totale contraddizione con lo spirito europeo, diviene così il portone chiuso d’Europa, rendendo sordo il popolo europeo agli appelli di aiuto di una fetta importante del mondo. Inoltre, sembra così accogliersi la linea oltranzista e anti – solidale dell’Austria e del fronte dell’Est Europa, nonostante il grande gesto politico e di solidarietà lanciato lo scorso settembre dalla cancelliera Merkel. Infine, last but not least, la UE viene meno alla realizzazione di un progetto comune che affronti in maniera costruttiva un fenomeno inarrestabile, dato che i progetti di riforma degli Accordi di Dublino sembrano essere definitivamente tramontati.

A questo punto, a poco serve ribadire come la risposta ad un flusso migratorio non sia quella della chiusura più totale; altrettanto superflui diventano i numerosi studi economici, soprattutto quelli condotti da tempo dal professor Carlo Devillanova dell’Università Bocconi, che dimostrano come nuove generazioni di migranti possano rappresentare la chiave di volta dei sistemi di welfare europei.

Tutto ciò rischia di passare in secondo piano, poiché a monte si pone un tema politico, nel senso più aulico che si possa dare a questo termine. Infatti, dinanzi al perenne stato di crisi in cui perversa l’Europa oggi, prima sul piano economico – finanziario poi sul piano politico – istituzionale e culturale, sembra essere giunto il momento di ripensare al futuro del continente. Se non sembrasse una terminologia ormai superata (da che cosa resta ancora un mistero), si dovrebbe parlare dell’esigenza di scrivere un nuovo contratto sociale tra gli europei, che vada ad escludere ogni individualismo che distragga dal bene comune. In questa nuova dimensione devono necessariamente rientrare quei principi di libertà e di eguaglianza che sono propri della storia europea e che, quindi, comportano l’ingresso nella società europea di quei migranti che, oggi più che mai, chiedono solidarietà. Sul piano pratico questo non deve necessariamente comportare l’apertura di una nuova fase costituente, con la conseguente stesura di nuovi trattati, ma sicuramente quel contenuto, con in più la volontà di formare una società nuova, plurale e inclusiva, deve essere promosso. Le certezze di questi tempi sono poche, così come le conseguenze sono prevedibili solo in parte, ma quello di cui non si può dubitare è che la chiusura dell’Europa oggi rappresenti un fallimento politico e storico sul piano internazionale dal quale sarà difficile rialzarsi, senza colpe.

1 commento su “Perché una nuova #Europa può salvarci”

I commenti sono chiusi.