#Cinema, troppe ombre per Macbeth

Uscito nelle sale all’inizio del 2016, il “Macbeth” di Justin Kurtzel si propone come il tributo a Shakespeare più significativo dell’ultimo periodo. In una Scozia selvaggia e barbara alla Braveheart, ma dalle atmosfere oniriche, va in scena una fedele rappresentazione della tragedia shakespeariana per eccellenza. La fedeltà ai dialoghi originali dà senz’altro un contributo decisivo alla teatralità della recitazione, sebbene renda la visione più spigolosa ai neofiti del teatro.

Michael Fassbender (Barone Macbeth), candidato all’Oscar come Miglior Attore Protagonista per l’interpretazione in Steve Jobs, e Marion Cotillard (Lady Macbeth) non deludono le aspettative e riescono nell’impresa di personificare le sensazioni della pazzia e della sete di potere.

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Fassbender, in particolare, da quando Macbeth diventa Re, interpreta una maschera permanente della follia, con quella sua capacità di rappresentare la degenerazione delle emozioni che solo nelle prestazioni nei film di McQueen lo hanno visto in forma migliore; i timori delle profezie che si avverano, di una congiura di palazzo e di non lasciare il trono, dopo tutti i delitti commessi per conquistarlo, a una propria discendenza si leggono sul volto dell’attore che accompagna lo spettatore in un viaggio psicologico verso la morte annunciata. Marion Cotillard, invece, è rilevante soprattutto nella prima parte del film, quando guida il marito all’uccisione di Re Duncan, agendo nelle tenebre e pilotando la sua mente.

Tuttavia, se le prestazioni degli attori danno linfa al film, la visione appare sin dall’inizio molto lenta e senza un respiro di alto profilo come l’opera richiederebbe. Bisogna, però, distinguere due situazioni particolari: mentre tutte le scene girate in ambienti esterni sono più movimentate, coinvolgenti e dinamiche, gli interni risultano tutti eccessivamente fermi e introspettivi.

Ecco che, quindi, il mix di lentezza, dialoghi impegnativi e scene molto cupe può risultare difficile da digerire, soprattutto a un pubblico poco esperto.

Il vero punto di forza del film, però, è rappresentato dalla potenza delle immagini e dal supporto di una musica lapidaria, asciutta ed efficace. Le scene di battaglia, consumate in maniera quasi primitiva, sono i momenti in cui si registrano le emozioni più forti, alimentate dalla purezza delle immagini, da un montaggio alla 300 con rallenty e inquadrature orizzontali. A contribuire a questi effetti sono senz’altro le musiche che, pur in assenza di una colonna sonora vera e propria, accompagnano le immagini con sferzate forti e suoni pesanti. Emblematica è la scena dell’assassinio di Duncan, quando, nel silenzio più totale che accompagna un gesto dal sapore della missione segreta, ad ogni colpo di coltello inferto al Re corrisponde un improvviso accompagnamento sonoro pesante e violento. Sicuramente la scena più riuscita del film, che nel complesso si propone come un interessante contributo al cinema shakespeariano, ma né il più riuscito né il più ricordato negli anni a venire.

4 commenti su “#Cinema, troppe ombre per Macbeth”

  1. La cosa che veramente mi è dispiaciuta è stata la presenza in alcune scene di un’abbagliante luce bianca. Nulla di male, in sé, ma per chi si sta per addormentare è molto, ma molto fastidioso, soprattutto quando contrasta con una fotografia molto scura. Per fortuna l’esilarante irrealismo dei dialoghi riesce a compensare.

  2. A me è piaciuto molto, moltissimo. Le atmosfere cupe permettono immediatamente di addentrarsi nella lucubre discesa di MacBeth agli inferi morali. Il tono oscuro dell’opera sono riuscita a ritrovarla nel film. Il ruolo delle “sorelle” che nella tragedia sono in realtà streghe, è marginale ma capisco la difficoltà di inserirle in un film. Unico appunto: il personaggio di lady Mac Beth non è così perfida come Shakespeare la descrive ed il regista tutto sommato l’assolve in virtù di un lutto di cui non c’è traccia nell’opera.
    Ma nel complesso apprezzabile e incisivo.

  3. Per me è molto vicino a essere un capolavoro. La potenza, la pastosità, la densità dell’atmosfera è la cifra che dà corpo alle emozioni. Ho apprezzato molto la fedeltà dei dialoghi, perché i testi shakespeariani sono originali ancora oggi e non c’è niente da cambiare. E’ stato invece cambiato qualcosa rispetto alle scenografie tradizionali, ed è un cambiamento apprezzabile. Descriverei la qualità della scenografia con un ossimoro: semplicità sontuosa. L’impatto drammatico è spiazzante: alterna l’esibizione sanguinolenta dell’assassinio del re con la compostezza cupa e sacrale del rogo della famigliola. L’eccellenza degli attori dà credibilità a personaggi estremi. Da rivedere.

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