La Buona Scuola, quella buona davvero, il 5 Maggio era in piazza. La Buona Scuola, quella buona davvero, è quella che il 5 Maggio ha scioperato. Le nostre considerazioni sulla Buona Scuola, quella di Renzi, le abbiamo già fatte. E da allora, non abbiamo cambiato idea.
Non bisogna nascondersi dietro l’alibi eterno del ‘senza le riforme il Paese non va avanti’. Perché sarà anche vero che senza determinate riforme il Paese non va avanti. Ma è altrettanto vero che ci sono riforme che il Paese, al contrario, lo portano indietro.
Nelle strade piene di insegnanti e studenti, si è difesa la democrazia. Si, perché la scuola è proprio (o dovrebbe essere), una palestra di democrazia. Al di là degli aspetti tecnici, come il numero di precari che si verrebbero a creare o l’apertura ai finanziamenti privati (aspetti fondamentali, chiariamoci), il punto critico rimane l’idea di scuola, e quindi di società, che si vuole inculcare agli insegnanti e agli studenti.
Una scuola basata sulla competizione, in cui bisogna lottare per prevalere sull’altro, per far carriera. Una scuola in cui un dirigente-manager ha il potere di cacciarti o assumerti. Dirigente-manager. La scuola come se fosse un’azienda. Come se i ragazzi fossero una merce, un prodotto che esce da una linea di montaggio. Come se la coscienza civile, morale ed etica di questi ragazzi fosse un hamburger di McDonald’s.
Si abituano i ragazzi a considerare ‘merce’ qualunque cosa. Che tutto può essere comprato. Inconsciamente li si abitua a essere macchine in un processo produttivo che svende l’educazione ai privati. Che ai privati, vende il futuro. Ecco, forse è questo l’aspetto più drammatico di questa riforma della scuola. L’idea che si può dare un prezzo a tutto. Anche a cose che, per il loro inestimabile valore, un prezzo non ce l’hanno. Allora chiediamoci: è davvero questa la scuola che vogliamo per i nostri figli?
Per questo credo che la Buona Scuola, quella buona davvero, sia quella che è scesa in piazza a manifestare. Perché quegli insegnanti e studenti, alla domanda che ho appena posto, hanno risposto in coro un assordante ‘NO!’.
Perché, come diceva Nelson Mandela, “C’è un solo modo per svelare l’anima di chi governa una comunità: osservare come tratta i bambini e gli insegnanti”. E il modo in cui vorrebbe trattarli è fin troppo chiaro.