Ma 70 anni dopo questo Paese non è ancora libero

Oggi, 70 anni fa, l’Italia veniva liberata dal nazifascismo e si incamminava sui binari della democrazia. Le celebrazioni in tutta Italia stanno giustamente ricordando il merito di quei tanti giovani che decisero di dire no e combattere per riscattare non solo la propria, ma la libertà di tutti.

Giovani delle più diverse estrazioni sociali e idee politiche si unirono sotto il vessillo della Resistenza Partigiana e molti di loro pagarono con la propria vita quella scelta: negli ultimi anni abbiamo assistito a una vergognosa opera di revisionismo storico senza arte né parte che voleva mettere sullo stesso piano quei giovani che liberarono l’Italia con quei giovani (e meno giovani) che invece morirono per lasciarla sotto il giogo della dittatura nazifascista.

Sì, perché è bene ricordarlo sempre: in Italia la libertà l’ha sempre e solo tolta la Destra, checché per decenni, anche dopo la Caduta del Muro di Berlino, si paventasse l’arrivo dei “comunisti” al governo come la fine di ogni libertà: il comunismo italiano, ben diverso per ispirazione e comportamento da quello sovietico, non solo ha contribuito a scrivere la Costituzione, ma ha pagato il tributo di giovani più alto alla causa della Repubblica, oltre ad averla difesa da ogni tentativo di rovesciarla. Questo come semplice premessa di merito.

Ma 70 anni dopo il sogno di un paese libero, democratico e civile è stato tradito: prima a causa della guerra fredda e delle sue implicazioni politiche, oggi per la pervasività sociale, economica e culturale del fenomeno mafioso, che ha strabordato i confini delle regioni tradizionali di insediamento e si è diffuso ovunque. Merito anche di una cultura dominante, quella capitalista, che è complementare all’habitus mafioso, cioè l’insieme dei comportamenti e degli atteggiamenti che strutturano l’agire criminale.

Era del resto Giovanni Falcone che spiegava come non andasse confusa la Mafia intesa come organizzazione con la Mafia intesa come mentalità: per avere la seconda non è necessario essere dei criminali. E infatti le cronache giudiziarie e politiche degli ultimi anni ci hanno mostrato come i grandi imprenditori del Nord e i loro referenti politici non solo non hanno fatto nulla per impedire al fenomeno mafioso di strutturarsi, ma addirittura, per trarne vantaggi economici in pura logica capitalista, hanno ricercato in maniera quasi ossessiva la loro collaborazione.

Il processo di “colonizzazione” è talmente avanzato che addirittura, lo scorso gennaio, il Presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio, ha parlato di “occupazione” del Nord da parte delle Mafie. E tutto questo è accaduto non perché qualche Ulisse ha costruito un Cavallo di Troia che ha permesso ai mafiosi di entrare nelle città e diventarne i padroni, ma le porte gli sono state spalancate senza batter ciglio, in cambio di tangenti, di vantaggi politici e soprattutto economici.

Ecco, questo sarà un paese davvero libero, civile e democratico quando verrà liberato dal fenomeno mafioso, dalla corruzione e da una logica economica predatoria (leggi Capitalismo) che li alimenta: Sandro Pertini sosteneva che la Nuova Resistenza che dovevano portare avanti i giovani era difendere le conquiste di libertà e democrazia dei padri.

Oggi la Nuova Resistenza significa essere antimafiosi, ma non solo un giorno o due l’anno, giusto in occasione degli anniversari, ma 24 ore su 24. Perché loro sono mafiosi tutto l’anno e ogni giorno consumano la democrazia e la nostra libertà. Ed è ora di dire basta: così, solo così, si ricorda il sangue versato di quei giovani che hanno fondato con il loro coraggio la Repubblica, 70 anni fa.

Il problema è che essere antimafiosi, per davvero, costa fatica. Significa non farsi mai gli affari propri, non lasciarne scampare una alla propria coscienza, rifiutare di frequentare certi locali, certi giri, certe persone, andare sempre controcorrente (e quindi subire anche l’isolamento, non solo fisico, ma soprattutto morale): essere antimafiosi, per davvero, significa essere cittadini, per davvero. Significa rifiutare un sistema, un tipo di società, un tipo di prospettiva che non include nessun’altra prospettiva se non lo status quo.

Significa essere intransigenti con chiunque, rifiutare ogni tipo di doppiopesismo, non guardare in faccia nessuno, tanto più se si aspira ad amministrare la cosa pubblica facendo politica, perché come diceva Sandro Pertini, “le solidarietà di partito sono complicità.” Significa rifiutare ogni compromesso con se stessi, grande o piccolo che sia, non importa quale sia la causa.

Essere antimafiosi costa fatica, perché costa fatica essere liberi. E la maggior parte della gente non vuole essere libera, perché la libertà comporta scelte e assunzioni di responsabilità: preferisce essere felice (o illudersi di essere tale). Preferisce lamentarsi piuttosto che fare, preferisce la tranquillità dello status quo, anche se non gli piace, piuttosto che pagare quel prezzo necessario per cambiare le cose.

Questo è il fiore del partigiano, morto per la libertà”, recita Bella Ciao, la canzone simbolo della Resistenza. Ecco, la Nuova Resistenza io me la immagino come migliaia di fiori che sbocciano, germogliano e fanno crescere nuovi fiori, che tolgono spazio e terreno a quel sistema mafioso che ci opprime e ci nega la libertà. Il problema è che molti di quei fiori, per pigrizia morale o per paura o per inconsapevolezza, decidono oggi di non sbocciare, non capendo che sfioriranno lo stesso, con la differenza di non essersi mai dati al mondo.

Qui sta la sfida: far capire a quei fiori che loro, i mafiosi, i corrotti e i collusi, si occupano di noi tutti i giorni e quindi noi dobbiamo ricambiare l’attenzione. Non siamo noi che dobbiamo andarcene, sono loro che devono farlo: li dobbiamo cacciare a pedate dai nostri territori e dalle nostre città.

Perché l’Italia è un paese troppo bello per lasciarlo in mano loro. Soprattutto, troppa gente è morta per la nostra libertà per non dedicare ogni nostra energia per difenderla.

Così si onorano i morti: pensando ai vivi e a quelli che non sono ancora nati. Già questo, in un paese come il nostro, sarebbe di per sé qualcosa di straordinariamente rivoluzionario.