Sui sepolcri crescono le rose più belle

Un vecchio proverbio italiano recita: Sui sepolcri crescono le rose più belle. Spesso i piccoli detti di saggezza popolare si avvicinano, nella loro semplicità, a quanto di più vero possiamo trovare. Ma dove sono i sepolcri dei nostri padri? Dove possiamo cogliere le rose più belle della sinistra italiana? Probabilmente in larga parte sono sparpagliate, disperse, esuli per i cimiteri di questo o di quel paese, di questa o di quella città. Esiste però un luogo dove tanti dei grandi della sinistra hanno scelto di riposare insieme, dove le loro rose fioriscono le une per mano alle altre.

Il viaggio da compiere ci porta tra le mura del cimitero monumentale del Verano, a Roma. Entrando dall’ingresso laterale di Portonaccio e percorrendo poche decine di metri capita infatti di imbattersi in una struttura singolare. E non ci si sorprenda, leggendo i nomi sulle lapidi, di  scoprire tanti e tante dirigenti della vecchia sinistra comunista.

Il Partito Comunista Italiano acquistò infatti anni addietro un spazio da riservare alla sepoltura dei suoi  dirigenti. Esso è una concessione eterna, una formula ora non più applicabile, ma praticata dalla società che allora gestiva il cimitero. La tomba al giorno d’oggi non può quindi essere venduta con la sua eterna concessione che alla nuova società che si occupa del cimitero. Insomma le nostre rose sono destinate a fiorire ancora a lungo.

La struttura si presenta esternamente come una piccola piazza circolare, elevata  rispetto alla strada, e circondata e racchiusa da una fila di pietre grigie di varia dimensione. Una piccola Stonehenge insomma. Le lapidi, squadrate e sobrie nella parte superiore, si lasciano poi delicatamente scivolare al suolo con forme più dolci. Un’opera architettonica fiera e austera, come era stato lo spirito del Partito Comunista.

Salendo i pochi gradini davanti all’ingresso è possibile accedere alla piazza circolare. Anche l’interno della tomba è pregevole. L’uno accanto all’altro figurano i nomi dei grandi comunisti del passato. Le tombe scivolano l’una accanto all’altra, con altezze diverse, talvolta scandite da  un cespuglio a rendere il colpo d’occhio ancora più ammirevole. Non ci sono simboli religiosi, e  i caratteri, fusi in lettere di metallo, sono semplici. Nessuna frase, nessun epitaffio, solo i nomi e gli anni di nascita e  morte. Ma forse è proprio quest’aria di semplicità che la rende ancora più suggestiva.

Salendo i gradini non si può non notarla. sulla sinistra svetta la lapide più alta di tutte. La prima, la più grande, alta più di due metri. Leggendo i nomi, tutto si spiega. E’ quella del “Migliore“, come lo chiamavano gli avversari politici, quella del compagno Palmiro. Il primo nome che si legge infatti è quello di Togliatti, seguito dalla dolce compagnia di  Nilde Iotti. Una tomba senza bisogno di presentazioni insomma.

E scorrendo per le pietre grige, si può ripercorrere passo per passo la storia della grande sinistra comunista. Ci sono quasi tutti. I Grandi della CGIL,  Di Vittorio, Lama, Trentin,  poi ancora grandi segretari come Luigi Longo, grandi donne , come Camilla Ravera, e altri pezzi da novanta come Pietro Secchia. Ma la lista non finisce qui: D’Onofrio, Alicata, Spano, Li Causi, Colombi, Scoccimarro.

Due i grandi assenti. Primo Antonio Gramsci, sepolto del cimitero acattolico (sempre a Roma) nella zona di ostiense. Ma effettivamente alla morte di Gramsci, la tomba non era ancora stata costruita. Il secondo grande assente è Enrico Berlinguer, sepolto a Roma nel cimitero di Prima Porta nella tomba di famiglia, per sua stessa volontà, espressa ai familiari anni prima. Di grande del partito ne mancherebbe un altro, il primo segretario, Amadeo Bordiga, la cui assenza tuttavia non deve stupire, vista la sua espulsione.

Ma dei grandi del partito ancora in vita, chi avrebbe il diritto di chiedere di essere sepolto nella Stonehenge comunista? La tradizione vuole che possano farvi richiesta tutti i membri del comitato centrale. Nessuno avrebbe da obiettare se volessero farsi tumulare tra i compagni personaggi del calibro di Pietro Ingrao e Giorgio Napolitano, protagonisti e artefici del grande PCI. Le bocche cominciano a storcersi quando ci si rende conto che potrebbero avanzare, in linea teorica, la medesima pretesa molti leader dei DS e ora del PD, come Massimo D’Alema, Walter Veltroni e Pierluigi Bersani, tutti con un passato da comunisti alle spalle.

Quello che però più di tutto colpisce, sono i fiori. Tra le lettere dei nomi, sotto e sopra le lapidi figurano infatti fiori di ogni sorta. Rossi molto spesso.  Sono i pensieri dei compagni di oggi, di tanti giovani che vanno a rendere omaggio ai padri del passato. Di tanti nostalgici che li ricordano, anche dopo tanti anni. Sono i fiori di chi non dimentica, che sembrano suonare ancora e ancora  come tanti “grazie“. Qualcuno lascia perfino un bigliettino. Perché entrando in un luogo del genere, non si può che chinare la testa.

E allora forse è vero, sui sepolcri crescono le rose più belle.