- Gli immigrati UE non potranno chiedere i benefit sul lavoro, come la riduzione delle tasse, e avere accesso alle case popolari per 4 anni.
- Gli immigrati non potranno chiedere benefit per i figli che vivono al di fuori del Paese.
- Gli immigrati saranno espulsi dal Paese qualora non avessero trovato un lavoro entro 6 mesi.
- Il diritto di portare famigliari con cittadinanza extracomuniatria dentro il Paese sarà fortemente ridotto.
- I cittadini UE in cerca di lavoro non potranno ricevere sussidi.
- I criminali saranno deportati.
- I recidivi non potranno più entrare nel Paese.
- I cittadini delle Nazioni che sono entrate recentemente nell’UE non potranno lavorare nel Paese.
Sembra il tema di terza media di Matteo Salvini e invece è il discorso del 28 novembre del primo ministro britannico David Cameron. Di proposte simili a quelle di Cameron se ne sentono ormai in ogni angolo d’Europa, d’altronde la storia insegna ma non ha scolari, come diceva Gramsci.
Io da parte mia so solo che sono stanca.
Non di vivere in un Paese e poi in un altro e ricostruirmi ogni volta una nuova vita. Non del mio lavoro. Non dei posti che ho avuto la fortuna di vedere e delle persone che ho avuto il privilegio di conoscere.
Sono stanca di gruppetti di falliti che fanno le barricate contro i bambini in nome di una patria che esiste solo nella loro fervida immaginazione. Sono stanca di uomini e donne in giacca e cravatta che decidono della qualità della vita di una persona in base al Paese in cui è nata, mentre sorseggiano champagne e ritirano lauti stipendi nonostante la miseria cui ci hanno consapevolmente condannati. Sono stanca di nascondere il mio accento per paura che in certi posti qualche ignorante che ha studiato e lavorato un decimo di quanto ho fatto io, capisca che sono straniera e decida di farmi capire chi comanda. Sono stanca di sentire persone che hanno avuto tutto dalla vita esultare quando un barcone affonda al largo di Lampedusa. Sono stanca di dover ascoltare per ore gli sproloqui di uomini e donne privi di qualità su come si devono trattare quelli che loro hanno deciso di chiamare criminali. Sono stanca di pagare le tasse per una pensione che non avrò mai e per un’assistenza sanitaria che fa schifo, pregando di non ammalarmi o di avere un incidente. Sono stanca di lavorare per pagare affitti sproporzionati, servizi e prodotti scadenti, ben consapevole, fra l’altro, che chi in quei servizi ci lavora e chi quei beni li produce viene sfruttato ai limiti dello schiavismo.
Quando Cameron dice che gli immigrati devono contribuire al Paese prima di chiedere dei benefit dice una doppia bugia, come se non bastasse il fatto che le sue parole implichino l’esistenza di esseri umani di serie A e di serie B. In primo luogo perché non c’è nulla a cui contribuire! Non siamo certo in guerra contro l’impero tedesco o gli ottomani! Questa retorica poteva andare bene quando si sradicavano migliaia di braccianti e operai dalle proprie famiglie e li si mandava al macello al fronte. Quando mio nonno fu mandato in guerra per servire la patria finì prigioniero prima dei russi e poi dei nazisti e mentre moriva a casa propria, senza mai essere riuscito a dire una sola parola con mia nonna su ciò che aveva subito, i veri criminali, quelli con la camicia nera, si riciclavano come parlamentari, professionisti e imprenditori. Questa è la patria cui mio nonno ha contribuito! La seconda parte della bugia di Cameron sta nei numeri: gli immigrati non arrivano nel Regno Unito per farsi mantenere dallo Stato, ma per lavorare. Anche seguendo unicamente il buon senso, solo un perfetto idiota punterebbe ai benefit di uno Stato interamente privatizzato come quello britannico anziché a quelli largamente presenti nel nord Europa (Danimarca, Svezia, Germania e via dicendo).
Francesco Remotti è un ottimo antropologo italiano. Sul concetto di identità, individuale e collettiva, ha scritto due libri, Contro l’identità e L’ossessione identitaria. Non mi aspetto che le teste vuote tipo i tories o Casa Pound li leggano e addirittura li capiscano. Ma è bene tenere a mente che il nazionalismo e le guerre che ne derivano, incluse quelle recenti di Bush e Obama, partono sempre da questioni di politica interna. Essere complici dell’illusione identitaria (“noi” che siamo nati in un certo posto siamo i buoni e “loro” sono i cattivi invasori) è per me il crimine peggiore di cui l’essere umano possa macchiarsi. Come scrive lo stesso Remotti
non è detto che tale maggiore disponibilità sia la via che ci salva; ma è abbastanza certo che l’atteggiamento opposto (l’ossessione della purezza e dell’identità) è quello che ha prodotto, qui come altrove, le maggiori rovine.
E non è possibile citare un solo fatto storico che gli dia torto. Purtroppo però fascistelli e borghesi non staranno mai dall’altra parte della barricata, non dovranno mai emigrare, non dovranno mai decidere se pagare l’affitto o comprare il materiale per la scuola dei propri figli, non dovranno mai sorbirsi le lezioni dei politici sui benefici del loro modello di integrazione, non dovranno mai attraversare un continente nella cella frigorifera di un camion. Se pensate che questi anni e questa crisi siano colpa dei rumeni o dei cinesi o dei marocchini siete dei cretini: è e sarà sempre una questione di classe e di spartizione del potere.