Caro Matteo, ti racconto quel milione di Piazza San Giovanni

Se il garage pensava di rubare la scena al suo meccanico, non aveva fatto i conti con il sindacato. Ci ha provato l’ex stazione Leopolda a prendersi le prime pagine, ma la risposta è stata secca, cifra a sei zeri per il corteo romano. Sabato 25 ottobre il centro di Roma si è infatti colorato di rosso, un unico corteo da Piazza della Repubblica fino a Piazza San Giovanni.

Un milione accorsi da tutta Italia e con ogni mezzo di trasporto per sfilare e sfidare la politica del lavoro di questo governo. Una giornata splendida, una piazza ancor più bella. Il corteo è stato pacifico e la protesta, seppur con toni forti, assolutamente civile. Per le strade si sono viste sfilare indistintamente uomini, donne, anziani e perfino famiglie con bambini. Se qualcuno poteva temere per i più piccoli, non aveva fatto i conti con Luca, romano, 41 anni, un figlio di 9:  “No, non ho paura di portare mio figlio in piazza. Io spero che un giorno possa aspirare ad avere un lavoro migliore di quello di suo padre (Luca è un impiegato). Magari un giorno avrà anche dei lavoratori dipendenti; Voglio che cresca con la consapevolezza che questa è la storia della sua famiglia e che dovrà tributare alle famiglie dei suoi dipendenti lo stesso rispetto e la stessa dignità per cui oggi noi scendiamo in piazza“.

Una manifestazione inclusiva, tra le altre cose. Si vedevano sfilare bandiere appartenenti a tutta la variegata realtà della sinistra, dalle associazioni ai partiti. Perfino la minoranza del Partito Democratico si è fatta vedere. Non senza le critiche di qualcuno, è vero, ma accolta da un generale “più siamo meglio è“. Le accuse più comuni sono state di complicità, come ci ha spiegato Marco, metalmeccanico di Cagliari: “La loro presenza in piazza può anche starci bene, probabilmente sono contro anche loro questo tipo di politiche, però nei fatti alzano la mano e votano in parlamento a favore“. Eppure tra le fila dei manifestanti di ex elettori del pd se ne contano a bizzeffe, “la base del PD è in mezzo a noi” dice qualcuno.

Quella che si poteva pensare una rivendicazione sindacale, è stata una battaglia politica. “La vera sinistra è in questa piazza” ha intonato spesso il corteo, e non a torto. Per un giorno tutte le anime della variegata sinistra italiana, litigiosa quasi per definizione, si sono trovate unite sotto il vessillo della difesa dei diritti e della dignità del lavoro. Se tutto questo avrà un seguito, lo scopriremo solo vivendo. Certamente questa è stata la mobilitazione di un popolo, uomini e donne mossi da qualcosa di più della disperazione. Da un ideale indomito e da una cultura del lavoro che oggi si cerca di cancellare.

Tante le storie da raccontare, alcune quasi commoventi. Giancarlo, romano e pensionato ci racconta orgogliosamente la sua vita all’insegna della difesa del lavoro: “Io nel 1950 ero con mia madre e mio padre sotto quelle statue lì (indicando il monumento a San Francesco d’Assisi), sempre con tanto rosso addosso!“. Tantissimi anche anche quelli venuti a gridare che la situazione è insostenibile: “non ce la facciamo più, non arriviamo a fine mese” è stata forse la frase più ricorrente. Passare tra la gente, ascoltare le loro storie, mi ha regalato la testimonianza di una sofferenza che non si può raccontare. Storie della tragedia di donne e uomini che si sentono strappata via la propria dignità. Storie di invisibili. E in mezzo a loro tanti liberi professionisti e studenti che anche non versando nelle precarie condizioni dei loro compagni , non hanno intenzione di stare a guardare.

Poi sul palco di piazza San Giovanni è salita Susanna Camusso, che ha spronato i suoi, promettendo scioperi e mobilitazioni. Il messaggio è chiaro: “Nemmeno questo governo può cancellare la voce del lavoro“. Per la conclusione il segretario generale della CGIL ha fatto un regalo alla sua gente: “Noi non abbiamo paura della memoria” ha affermato, rispolverando la frase che concludeva i comizi del vecchio Partito Comunista Italiano: “Al lavoro e alla lotta“.

Questa manifestazione potrebbe rimanere impressa nella storia della Seconda Repubblica come la più grande protesta della sinistra contro la sinistra. Potrebbe… Perché questo governo ha dimostrato coi fatti di non essere di sinistra. Diceva giustamente Anna, una studentessa conosciuta per caso sull’autobus: “Alla Leopolda una europarlamentare del PD ha detto che non ci sono due sinistre, che lei ne vede una sola. Effettivamente anche io ne vedo una sola, e porta le bandiere rosse per le strade di questa città“.

Probabilmente il milione di piazza San Giovanni non servirà a cambiare l’andazzo delle attuali politiche del lavoro. Ma è servito di certo a raccontare di una sinistra non ancora in naftalina. E fino a quando si cercherà di negare al lavoro la sua dignità, o non rimarrà più nessuno a difenderla, fino a quel momento, al lavoro e alla lotta!