“L’articolo 18 crea disuguaglianze”. Attenzione, non è una battuta. Se lo fosse stata, avremmo riso per l’ironia. Invece è proprio ciò che ha detto Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fca. L’ho guardato bene, mente lo diceva. Ho portato indietro il video e l’ho rivisto. Era proprio serio. Nemmeno un accenno di sorriso. Allora sono andato a rileggere l’articolo che ho scritto su Piketty due settimane fa. Era abbastanza chiaro, non poteva confondersi: è il capitalismo che genera disuguaglianze, non l’articolo 18. Poi rileggo il nome: Sergio Marchionne. Ma certo, ’quel’ Sergio Marchionne.
Però c’è una cosa che non mi è chiara. Accanto a lui c’è un giovanotto. Che fino a qualche anno fa parlava dell’articolo 18 come di un ‘non problema’. Perché, diceva, se gli investitori stranieri non vengono in Italia, non è per l’articolo 18, ma a causa della corruzione e della burocrazia. Quel giovanotto è Matteo Renzi, il Presidente del Consiglio, nonché segretario del Partito Democratico, il principale partito di sinistra (?!) in Italia. Allora corro in cucina, mi preparo subito dei pop-corn e mi metto comodo, pensando: “Dai, ora questi due si scontrano e se ne diranno di tutti i colori!”
E invece no. Solo sorrisi e strette di mano. Un po’ deluso, appoggio i pop-corn sul tavolino. E inizio a cercare. Mi basta scrivere ‘Renzi, articolo 18’ su un qualsiasi browser e mi compaiono miliardi di risultati. Si parla di jobs act, di abolizione dell’articolo 18. Allora scrivo sul browser ‘PD’, e mi viene confermato che è proprio un partito di centro-sinistra. Ne voglio sapere di più allora. Leggo che verrà proposto un contratto a tutele crescenti, con minori garanzie per i neo-assunti fino al terzo anno; che il reintegro non è stato abolito del tutto, ma è presente con modalità che lo rendono un miraggio. E leggo anche una cosa che mi fa capire perché Renzi non ha attaccato Marchionne su quella frase. Cerco di capire come ragionano loro: ‘Effettivamente l’articolo 18 crea disuguaglianze. Ci sono lavoratori, come quelli che lavorano in aziende con meno di 15 dipendenti, che, a differenza di altri, non sono tutelati dall’articolo 18. Non è giusto. Bisogna che il lavoratori siano tutti uguali!’. Quindi, invece di estendere l’articolo 18, l’idea è quella di toglierlo a tutti. Più democratico di cosi. Tutti uguali. Tutti senza l’articolo 18.
Siamo di fronte ad una scelta politica, la scelta della precarietà. Una scelta attraverso la quale vogliono renderci tutti ricattabili. Ma, aspetta. Ricattabili… Ricatto… Marchionne! Ancora un collegamento fra lui e Renzi. Il ricatto. Come l’accordo di Mirafiori. Come l’accordo di Pomigliano. Dove gli operai si sono trovati costretti a barattare i diritti per un posto di lavoro, sotto la minaccia della fuga all’estero.
Ora è tutto più chiaro. Ma mi sfugge il perché di tutto questo. Perché questa battaglia sull’articolo 18? Perché parlare di FCA come di ‘orgoglio italiano’, quando ha la sede fiscale a Londra e la sede legale in Olanda? Perché? Forse perché Renzi deve dare conto alla BCE? Forse perché deve dimostrare alla Merkel che anche lui è in grado di fare qualche riforma? Forse perché preferisce parlare con Squinzi, piuttosto che con Landini? Forse perché vuole portare dalla sua una parte dell’elettorato di centro-destra? Forse perché vuole cercare uno scontro interno al partito per andare alle elezioni in un momento che lo vedrebbe vincente? Come si dice, a pensar male si fa peccato, ma a volte ci si prende.
Vogliamo chiarezza. Basta far passare l’articolo 18 come il problema principale del lavoro. Non c’è scritto da nessuna parte che più licenziamenti favoriscano più assunzioni. Più licenziamenti favoriscono più precarietà. E smettiamola di parlare come se la colpa della crisi del lavoro fosse degli operai, di chi lavora e le tasse le paga qui in Italia. Renzi vada a parlare con Marchionne, che le tasse le paga in Svizzera. Smettiamola di parlare come se la colpa fosse di chi guadagna 1000€ al mese; come se la colpa fosse di chi va a lavorare con il dolore alla schiena, alle braccia, alle mani, perché non può permettersi di perdere un giorno di lavoro. Smettiamola. Perché, Presidente Renzi, vada a chiederlo a un operaio, se #stasereno.