Il 23 agosto 1927, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti (36 e 39 anni) morivano sulla sedia elettrica a Charlestown, nel Massachussets. L’accusa era l’omicidio di un cassiere e una guardia di un calzaturificio. I due erano innocenti, le ragioni di questa persecuzione le spiegò proprio Vanzetti, di fronte alla giuria che lo condannò a morte:
Mai, vivendo l’intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini. Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra, io non augurerei a nessuna di queste ciò che io ho dovuto soffrire per cose di cui io non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui io sono colpevole. Io sto soffrendo perché io sono un radicale, e davvero io sono un radicale; io ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano.
In Ribelli! Pino Cacucci riporta anche la storia di Andrea Salsedo, tipografo e anarchico italiano, che volò dal quattordicesimo piano del commissariato di New York (vi ricorda qualcuno?). In un periodo in cui militanti non graditi, come gli antimilitaristi che disertarono al momento dell’intervento americano nella Prima Guerra Mondiale, venivano facilmente arrestati, torturati e assassinati, Sacco e Vanzetti giravano con una pistola, d’altronde rischiavano la vita anche solo andando al lavoro. Ed è proprio questo particolare che spiana la strada alla giustizia americana, le cui scuse sono arrivate ufficialmente solo 50 anni dopo, per bocca di Michael Dukakis, governatore del Massachusetts.
Tutti voi dovete fare come me,
E lavorare come Sacco e Vanzetti,
E cercare ogni giorni dei modi per combattere
Dalla parte dei sindacati e dei diritti dei lavoratori.
Bene, non ho tempo per raccontarvi questa storia,
I poliziotti e i detective sono sulle mie tracce.
Ma ricorderò questi due brav’uomini
Che morendo mi hanno insegnato come vivere.
(Woodie Guthrie, “Two good men” da “The ballad of Sacco and Vanzetti”)