I diritti civili e dove va la #Sinistra

Ho visto spesso e volentieri, fra compagni e non, emergere il problema dell’identità della Sinistra in merito alle battaglie sui diritti civili. Mi pare che il dibattito stia andando verso la creazione di due fazioni contrapposte, da una parte quella tacciata come modernista (quasi in senso spregiativo), quella cioè vicina al mondo LGBT, all’ambientalismo e all’antirazzismo, e quella dura e pura che vuole tornare alla centralità della lotta di classe.

Innanzitutto io credo ci sia un problema di metodo, dobbiamo metterci d’accordo sul luogo in cui cercare un’identità per la Sinistra. Quel luogo secondo me o è nei partiti (PD, SEL e tutti gli altri microrganismi o cialtronerie partorite dal post-PCI) o è fuori (G8, No Tav, occupazioni, centri sociali e via dicendo). Negli anni ’70 ci fu una discussione molto simile, nata dall’emergere dei movimenti ambientalisti e antimilitaristi (Silent Spring della Carson è del 1962), dell’emancipazione della donna (vedi divorzio e aborto) e dell’orgoglio omosessuale. Rifarsi oggi a quel decennio e alle risposte del PCI è un errore che l’eredità di Antonio Gramsci non ci perdona, vorrebbe dire togliere i comunisti dal loro contesto storico quando invece il marxismo si pone come sistema di idee mutabile e destinato addirittura a diventare obsoleto: non oggi con Renzi (spiacente) ma domani, quando saranno sconfitti il capitale e lo Stato borghese.

L’altro problema sta nel voler confondere le acque, non so se di proposito, togliendo ai movimenti di cui sopra il legame con la lotta di classe. Si può farlo usando il benaltrismo (“perché parlare di gay quando siamo disoccupati?” come se i gay fossero tutti milionari) oppure con la filosofia altisonante ma un po’ fuffara che forse va bene per le università private, Casa Pound e i programmi tv dei legaioli ma meno per tutto il resto (ogni riferimento a persone realmente esistenti è assolutamente voluto).

Per definizione il partito e la cultura salottiera che gli gravita intorno è sempre in ritardo rispetto al popolo. I movimenti per i diritti civili sono, almeno per come li ho conosciuti io, molto meno trasversali di quanto si voglia far credere: è vero che ci sono organizzazioni omosessuali a destra, è vero che ci sono omosessuali cattolici, è vero che i Radicali sono stati i più attivi in questo senso, non è vero che al di fuori della partitocrazia siano tutti scemi e usino l’antimilitarismo o il femminismo per fare comunella coi borghesi.

Ho parlato anche qui di razzismo come conseguenza delle differenze di classe, ma non è che sia stato un colpo di genio che mi è venuto una mattina, è o dovrebbe essere concetto ormai assodato a Sinistra. Il femminismo nelle sue mille sfaccettature ancora in evoluzione non è prerogativa della buona società: se avete l’8 marzo non è per gentile concessione borghese. Il rapporto travagliato dell’omosessualità coi regimi totalitari, in primis quello sovietico e a seguire tutti gli altri, deriva dalla concezione dell’omosessualità come vizio borghese (se non fascista, vedi Maksim Gorkij) e più a monte dal mito del popolo “comunista” forte e fiero, mutuato dal vomitevole patriottismo di destra (con Furio Jesi che si rivolta nella tomba). La lotta per la liberazione sessuale e omosessuale è stata costantemente una lotta contro il potere, l’ingerenza religiosa e il perbenismo, cose che hanno invece ampiamente drogato gli esperimenti “socialisti” del ‘900.

Infine trovo vada sempre sottolineato che quando le discriminazioni o le guerre colpiscono tutta la società, colpiscono sempre prima e in maniera più dura gli emarginati, che poi è la ragione principale per cui il benaltrismo in questi casi fa sempre la magrissima figura che si merita.

Dove va la Sinistra ce lo dicono, e pure da qualche decennio, le piazze, tutto il resto mi sembra stia scivolando in noiosa e inconcludente accademia. Mi auguro perciò che non si tolga alle rivendicazioni sui diritti civili un’identità politica ben precisa, né per farne una battaglia trasversale alla volemose bene che piace molto ai piani alti, né per crearsi un nemico interno che sostituisca quello di sempre, quello che guarda al nostro atomizzarci in tante piccole fazioni di duri e puri e gode come un riccio. Dall’altra parte invito caldamente scettici e puristi 2.0 a muovere il culo e farsi mezza giornata in un circolo ARCI, al Teatro Valle o a Vicenza, chissà che poi non vi venga addirittura in mente qualcosa di interessante da dire.