Democrazia tra mito e origini

di Federico Boem

Il filosofo tedesco Hegel sosteneva, non a torto, che la preghiera dell’uomo moderno fosse la lettura del giornale al mattino. Non deve sembrare strano al lettore dunque se il telegiornale delle 20 assuma i connotati di un rituale, con i suoi tempi prefissati, i suoi simboli, i suoi crismi. Ogni rito poi richiede un mito sui cui appoggiarsi.

La parola ‘democrazia’ imperversa nelle dichiarazioni (rituali appunto), usata e abusata da tutti. Chi la declina come aggettivo e la impone nel nome del proprio schieramento. Chi paventa drammaticamente la sua fine alla conclusione di una deliberazione del Senato circa la decadenza del Senatore Berlusconi. La parola ‘democrazia’ fa parte del rito cui siamo sottoposti ogni sera.

Passando dalle stalle alle stelle, la nostra Costituzione sancisce (art.1) che l’Italia è una Repubblica Democratica appunto. Segno che ‘democrazia’ faccia parte anche del nostro rito repubblicano. A scuola (laddove ancora si possa parlare di scuola) ci hanno insegnato che la democrazia inizia ad Atene. Ovviamente l’ordinamento ateniese presenta una democrazia diversa da quella di oggi ma è lì che tutto è iniziato. Parola compresa.

‘Governo del popolo’ insomma, una forma costituzionale opposta ad altri sistemi che oggi fanno storcere il naso a molti. Democrazia’, quantomeno nella sua forma cosiddetta ‘liberale’ è dunque oggi qualcosa di innegabile, un dogma del rito, che ci rende vicini agli altri paesi dell’Occidente e che qualcuno vede appunto come segno superiore rispetto a chi non ha la fortuna di goderne. Per questo in passato si è parlato di ‘esportare la democrazia’ verso chi ne fosse sprovvisto, come se il resto del mondo fosse lì in attesa.

In particolare poi appare innegabile il binomio democrazia & libertà laddove si afferma che norme illiberali sarebbero anche antidemocratiche.

Ma, come spesso accade, conoscere significa anche andare oltre ciò che ci viene insegnato e sviluppare capacità critica rivolgendosi alle fonti e alle voci fuori dal coro. Valga tra le tante, il bellissimo volume (edito in italiano da Laterza) del filologo e storico Luciano Canfora, La democrazia. Storia di un’ideologia. Uno dei capitoli più sorprendenti è proprio il primo (intitolato Una costituzione rivestita di grecità: Grecia, Europa, Occidente) nel quale Canfora va proprio ad interrogare le origini.

È il discorso di Pericle agli ateniesi, riportato dallo storico Tucidide, spesso preso ad esempio come atto fondativo del pensiero democratico a suscitare i primi stupori. Se, come ricorda Canfora, la Costituzione Europea menziona nel suo preambolo precisamente tale discorso, facendo dire a Pericle che democrazia significhi ‘governo del popolo intero’, ecco che invece il testo greco ci dice qualcosa di molto diverso. Scrive Canfora, riportando il Pericle di Tucidide, che il termine usato per descrivere la forma di governo ateniese è ‘democrazia’ in quanto nell’amministrare la cosa pubblica ci si basa non rispetto ai pochi ma alla maggioranza. Tuttavia, allo statista ateniese preme ricordare che nelle controversie private ciascuno ha lo stesso peso e che la libertà individuale è tutelata. Come dire che ad Atene c’è libertà nonostante la democrazia.

Canfora è un filologo illustre e sa far parlare le parole. E’ infatti ‘democrazia’ il termine derogatorio con cui, nell’Atene di Pericle, gli avversari del governo a maggioranza si riferivano a tale forma di governo. Anche senza televisione e mezzi di comunicazione di massa gli antichi greci paiono sapere bene che la moltitudine, la maggioranza si fa facilmente influenzare e che, in quanto massa appunto, può imporsi con la forza (kràtos appunto).

Ed è sempre consultando accuratamente le fonti che Canfora (nel capitolo 2 intitolato L’atto di nascita: la democrazia nell’antica Grecia) fa rivivere, tra gli altri succulenti dettagli, una delle più acute pagine della riflessione che Aristotele fa sui sistemi di governo. Anche nelle oligarchie infatti, nota lo Stagirita, le decisioni sono prese a maggioranza. Quello che separava i democratici dagli aristocratici era ciò che essi possedevano, la loro appartenenza ad un determinato ceto. Come ricorda Canfora dunque Aristotele si svincola dalla semplicistica interpretazione del ‘pochi contro molti’ e mostra come la lotta tra i sostenitori di forme diverse di governo fosse comprensibile nei termini di una vera e propria lotta di classe.

Per chi avesse voglia, la lettura del libro è un’avvincente storia della democrazia che viene però decostruita pezzo dopo pezzo e liberata dagli ornamenti retorici che ritroviamo ogni giorno, dai discorsi al bar, sui giornali fino alle dichiarazioni pompose della, cosiddetta, classe dirigente.

Ho voluto iniziare questo mio spazio con questo tema perché la dimensione democratica moderna è la cornice istituzionale nella quale, volenti o nolenti, ci troviamo. E sarà pertanto fondamentale averla sempre presente quando ci occuperemo di questioni e temi, come quelli legati alla ricerca scientifica, che, a prima vista, sembrano difficilmente comprensibili e trattabili dalla maggioranza.