#Bologna e la cattiva gestione. Due città in una

A Bologna la sanità pubblica non è più pubblica. Almeno se sei uno studente fuori sede.

E non è una notizia nuova: da ben tre mesi, se sei uno studente fuori sede con un medico di base nel tuo comune di residenza, non potrai più usufruire gratuitamente dell’assistenza sanitaria di base nei vari ambulatori della città. In parole povere, se per caso dovessi stare male e senti la necessità di una visita ambulatoria urgente da un medico, devi pagare la tua “prestazione occasionale”.

Se per caso non volessi pagare – mettiamo che hai 38,5° di febbre con ripetuti attacchi di dissenteria ormai cronica – dovresti prima chiamare il tuo medico di base e chiudere con lui tutti i rapporti medici, poi scegliere se presentarti agli uffici comunali per cambiare la tua residenza, oppure compilare le pratiche per avere un domicilio temporaneo che ti permette di scegliere un medico di base fisso nella libera città di Bologna.

A quel punto credo che la febbre ti sia salita a 40° e che la dissenteria abbia provocato l’allontanamento delle persone a te limitrofe e un imbrattamento murario che a confronto Banksy è uno che gioca con le formine. Ma tutto questo non lo dico io: è ciò che esce fuori dall’avviso garbato e gentile (oltre che informativo) posto nelle bacheche online, negli uffici e negli ambulatori bolognesi.

Avviso semplice e chiaro:

Informazioni utili per fruire dell’assistenza medica durante il percorso di studi.

A partire dal 2 aprile 2013, a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 68/12 e del parere del Collegio dei Revisori dei Conti, gli studenti fuori sede non possono più usufruire contemporaneamente del Medico di Base del proprio Comune di residenza e dei Medici di Medicina Generale dell’Azienda USL di Bologna.

E’ possibile effettuare, durante il percorso di studi, la scelta di un Medico di Base a Bologna in alternativa a quello del Comune di provenienza.

Gli studenti che vogliono temporaneamente rinunciare al Medico di Base del proprio Comune di Residenza e scegliere un medico a Bologna devono rivolgersi al CUP (Centro Unificato di Prenotazione) con un documento di identità e il tesserino sanitario.

Informazioni “utili”. Utilissime direi. Bisogna spezzare una lancia in favore di alcuni medici che, a quanto pare, non farebbero pagare la visita andando incontro agli studenti. Ma la burocrazia ha avuto, ancora una volta, il sopravvento. In un altro avviso si legge che l’annullamento della convenzione è stato “consensuale” tra l’Asl di Bologna e l’Unibo, causato anche da fattori economici, finanziari e legali. Praticamente come due sposi che non si amano più. E che però lasciano i propri figli nella dissenteria cronica. Tutto questo mi fa riflettere sulle sorti della città.

Bologna è da sempre il sogno dei giovani alternativi, dei giovani militanti politici, dei giovani musicisti, scrittori, giornalisti, amanti del cinema, del teatro, del calcio, del vino. Bologna città libera, Bologna la dotta, Bologna l’adotta, Bologna dei centri sociali, Bologna città della musica, Bologna contro, Bologna della Resistenza, Bologna del ’68 italiano, Bologna antifascista, Bologna della strage di Bologna.

E poi Guccini, Lucio Dalla, Gianni Morandi, Umberto Eco, Rossini, Enzo Biagi, Pascoli, Pasolini, Anteo Zamboni a molti, troppi altri.

Una storia buttata via da piccoli gesti impopolari e fatti senza alcun tipo di vergogna, antidemocratici e che rigettano la responsabilità al pesante nome che si porta dietro questa città. Bologna è una città fantastica in cui il sistema ha fallito, e continua a fallire, cadendo verso un baratro che la crisi a confronto è cosa da poco. Pensate al referendum sui fondi alle scuole private, che venivano dati (secondo quello che dissero i sostenitori del finanziamento) anche per garantire agli studenti le pari dignità etiche, di razza e religione che garantisce la scuola pubblica. Come se si pagasse il diritto ad insegnare in maniera normale. Una sorta di pizzo morale.

Oppure la famosa vita notturna bolognese, piena di gente e ragazzi pronti a divertirsi.

Peccato che le ultime ordinanze hanno fatto si’ che i locali di alcune vie “storiche” della movida della città chiudessero presto per non disturbare quei signori che hanno avuto la geniale idea di andare a vivere in via Zamboni, per esempio, il punto più centrale della città universitaria. O la storica via del Pratello, piena di locali e birrerie. O ancora l’ordinanza che vieta ai locali di fare musica all’esterno nel periodo estivo per non fare arrabbiare i famosi vicini che, nel frattempo, si sono radunati in vari comitati cittadini di protesta. E la giunta acconsente, forse per paura di non essere votata e perdere la poltrona alle elezioni successive.

Una volta Bologna, sia d’inverno che d’estate, era una città bellissima da vivere. Io vivo a Bologna e per me è ormai casa mia.

Nel periodo estivo, fino all’anno scorso, ogni sera c’era un evento musicale degno di nota e, a volte, più eventi in più punti della città: il cinema all’aperto (che, per fortuna, resiste tutt’ora), i concerti e le mostre. Sembrava che ogni sera ci fosse una notte bianca piena di cultura e speranza in un mondo che via via diventa sempre più ostile.

La gestione della città dovrebbe essere affidata a persone più competenti e più vicine alle necessità della gente. Non si può far finta che Bologna viva di vita propria: Bologna non è una città ma è due città in una, tra autoctoni e “fuorisede”. Bologna è multiculturale, multietnica e multirazziale.

Bologna era definita anche “la Rossa”, per via del suo orientamento a sinistra, sia negli ideali che nel rispetto della persona. Per la garanzia dei diritti e delle necessità di tutti.

Adesso forse quella ideale “bandiera rossa” si è un po’ sbiadita e si è sporcata dagli interessi di alcuni privati e delle lobby che anche qui, come dappertutto, hanno troppa voce in capitolo. L’amore tra un cittadino e la propria città non può finire. Perché se no si rischia di fare la fine di quegli amanti che prima si sposano, creano una famiglia e poi si lasciano. Lasciando i propri figli nella merda.