Weber, 100 anni e non sentirli

Oggi i capipartito, per i fedeli servizi loro prestati, distribuiscono cariche d’ogni specie nei partiti, nei giornali, nelle associazioni, nelle casse di malattia, nei comuni e nello stato. Tutte le lotte tra i partiti non avvengono soltanto per fini obiettivi, ma soprattutto per il patronato degli impieghi.

(Max Weber, La Politica come Professione, 1919)

Direi che in quasi 100 anni non è cambiata una beneamata mazza. In Italia, in Germania, in Europa e, in generale, nel mondo. Facciamoci delle domande. E chiediamoci dove abbiamo sbagliato. Soprattutto: rileggiamo i classici. Saranno “antichi”, ma a quanto pare o siamo noi degli incapaci o loro erano degli stramaledettissimi geni (o Cassandre, fate voi).

5 commenti su “Weber, 100 anni e non sentirli”

  1. Chi avrebbe mai pensato ad un’evoluzione di una sinistra che condivide lo scippo della sovranità al popolo. Anche a loro è stato assai utile la sostituzione del voto con la nomina. I veri uomini di sinistra non accettano un tale spregiudicato e barbaro arbitrio.

  2. Sono d’accordo, la politica come professione contiene in sé le premesse per queste degenerazioni, soprattutto quando manca la partecipazione politica diffusa senza la quale manca un controllo democratico efficace sui politici di professione. Non ha senso però demonizzare chi fa politica a tempo pieno e idealizzare il fare politica dei cosiddetti esponenti della società civile e delle professioni: il fenomeno Berlusconi è iniziato proprio così, con questi imprenditori, avvocati, affaristi vari sbarcati in Parlamento nel 1994 che proclamavano di non aver tempo da perdere in quelle aule romane perché loro avevano da lavorare…

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