Sardegna: il referendum non ferma la casta

Il 6 maggio di quest’anno la regione autonoma della Sardegna ha votato per 5 referendum abrogativi e altri 5 consultivi, i cosiddetti referendum anticasta.

I quesiti riguardavano l’abolizione delle nuove province, costituite nel 2001 (Olbia-Tempio, Ogliastra, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano) e la possibile abolizione di quelle storiche, la riduzione del numero dei consiglieri regionali da 80 a 50 e l’abrogazione della legge che determina le indennità dei consiglieri, l’abolizione dei CdA degli Enti, delle Agenzie Regionali e delle società cui partecipa totalmente o parzialmente la Regione Sardegna (sostituiti da un amministratore unico) e infine altri due quesiti consultivi sull’elezione di un’assemblea costituente per riscrivere lo statuto regionale e sull’elezione diretta del presidente di regione.

Inutile ricordare il raggiungimento del quorum e il trionfo dei sì (sempre sul 97-98%) per tutti i 10 quesiti. Ma i consiglieri regionali hanno fatto i bravi per meno di un mese, fino alla notte del 13 giugno, quando con 63 sì e 3 astenuti hanno approvato l’emendamento al Dl 327/A su «Integrazione alla legge regionale 4 agosto 2011, n. 16, riassegnandosi di fatto diaria, stipendi (con aumento) e indennità, per loro e per i loro portaborse.

Sfacciati? Non proprio, come recita un vecchio proverbio, fatta la legge trovato l’inganno. I tagli (20-30%)  sono applicati a parametri del 2003, successivi all’aumentato degli stipendi dei parlamentari e, in aggancio, a quelli dei consiglieri regionali. In pratica, grazie all’emendamento,  le indennità di base tornano a essere quelle del 2003 anziché quelle del 2011 (circa 200 euro di più) e  i portaborse continuano a percepire i loro comodi 3352 euro. I tagli? Sì, 300 euro in meno per la diaria e 500 euro lordi in meno di rimborso ai gruppi.

A firmare l’emendamento, come da copione, consiglieri di varia estrazione: Andrea Biancareddu (Udc), Giuseppe Cuccu (Pd), Nello Cappai (Udc) ed Eugenio Murgioni (Pdl). Le proteste arrivano invece dai referendari e da IdV, per voce del segretario regionale Salvatore Lai, ed ora anche la proroga all’abolizione delle province comincia a puzzare di marcio: a quanto pare servono delle ere geologiche per abolire 4 province che sono state istituite in soli 5 anni (per una volta, e non voglio sapere per quali occulte ragioni, a ritardare il processo fu Silvio Berlusconi) e tutte con doppio capoluogo.

Fa ancora più rabbia che questo avvenga in una regione come la Sardegna, fanalino di coda per l’occupazione e non solo. Che un consigliere regionale, tra una cosa e l’altra si porti a casa quasi 10 mila euro e che lo faccia dopo un referendum che esprime una verità chiara e inequivocabile equivale a sputare sulla dignità dei cittadini e dei lavoratori sardi.

Ora, la sinistra e i suoi elettori si diano una svegliata. Se Cappellacci, che non è uno stinco di santo, è presidente di regione è perché, ancora una volta, il centrosinistra ha candidato il più impresentabile fra gli impresentabili, Renato Soru: ricordate il caso Saatchi & Saatchi? Basta casta, certo, ma, per favore, ridateci anche la Sinistra, o almeno fateci sapere dove l’avete nascosta.