Cambia il vento in Europa?

Si è votato ieri per l’elezione del Parlamento dello Stato del Nordrhein-Westfalen che, per intenderci, è la regione che produce un quinto del prodotto interno lordo tedesco. Niente di nuovo in realtà rispetto alle aspettative, inoltre la SPD ha già governato il Land nella precedente legislatura, pur con molti meno seggi.

Tra i partiti minori la FDP stappa bottiglie di champagne visto il miracoloso 8.4% (i sondaggi li danno costantemente sotto il 5%, forse portano fortuna) e il Piraten Partei conquista anche questo parlamento, dopo quello berlinese e quello dello Schleswig-Hollstein, con l’8%: fanno man bassa sia degli ex voti della CDU sia di quelli della sinistra radicale (niente seggi, ancora una volta), ma a differenza dei Verdi non sono nati come partito di massa e non hanno nessuna intenzione di diventarlo, almeno così twittano.

Da sottolineare alcuni punti del programma del centrosinistra per le elezioni di ieri:
Partecipazione piena dei cittadini alla politica locale: i cittadini avranno la possibilità di “licenziare” direttamente i responsabili degli uffici amministrativi e verranno rafforzati i rapporti tra comuni e con le città di confine (lo Stato si trova a ridosso dell’Olanda ed esistono già programmi di scambio e cooperazione tra Aachen e Maastricht)
– Il futuro governo della SPD ha intenzione di finanziare massicciamente la promozione delle auto elettriche, come previsto dal programma federale Schaufensterregionen (letteralmente: regioni finestra) per l’Elettromobilità.
Il mercato a favore del popolo: difesa delle giornate festive, tariffe accessibili per usufruire dell’elettricità prodotta con le rinnovabili, partecipazione di banche private e cooperative nel pagamento del debito.
Combattere l’omofobia e la discriminazione sessuale, anche all’interno dei palazzi di giustizia.
– Implementare quelle che vengono chiamate le Inklusive Schulen, cioè scuole pubbliche in cui l’accesso per i disabili è pari a quello degli altri bambini.
– Diritto di voto alle amministrative per i cittadini EU non tedeschi, accoglienza per i rifugiati politici con accesso diretto all’educazione e alla sanità (quest’ultima in Germania è obbligatoria ma privata).

La cosiddetta sinistra italiana sta brindando da parecchi giorni, da quando Hollande ha umiliato Sarkozy fino al tonfo di ieri della Merkel nella Ruhr. Speriamo non siano però già troppo ubriachi, dimenticando in fretta che il loro segretario non si chiama né Gabriel né Hollande, che le sinistre radicali agonizzano sotto l’egemonia di movimenti apartitici e neofascismi (comunque la si pensi Marine Le Pen ha staccato di 7 punti Melenchon e Die Linke non esiste più) e che se la SPD continua a mietere voti non lo fa di certo giocando ad appoggiare l’attuale governo. D’altra parte però è bene ricordare che i socialisti hanno governato con la Merkel fino al 2009, nel nome di quell’unità nazionale anticrisi che ha creato storicamente più danni che buone riforme. Colpa anche del sistema politico tedesco (che è proporzionale per esempio), dove le coalizioni post-voto diventano più importanti dei programmi elettorali, dando importanza primaria alla governabilità dello Stato, la stessa che in Grecia non si riesce a raggiungere.

Basta andare un po’ più indietro nel tempo, al ’68 per la precisione, quando la prima Grosse Koalition tedesca (SPD-CDU) varò le Leggi di Emergenza, scatenando le proteste degli studenti. Ne parlò anche lo storico tedesco Peter Brandt:

è divenuto evidente che la guerra del Vietnam e le leggi di emergenza non sono incidenti casuali o semplici fenomeni di degenerazione. La domanda relativa al carattere del sistema che necessita di simili mezzi per difendersi, implicava già la risposta. La lotta coerente per la democratizzazione delle università e della società doveva tendere a trasformarsi in rivolta anticapitalista

Il leader Sigmar Gabriel assicura comunque che i socialisti tedeschi hanno imparato la lezione e che se dovessero vincere le elezioni del 2013 non governeranno con la CDU, sul modello di quello che sta accadendo nello Schleswig-Hollstein. Oggi certamente non è il ’68, ma la memoria è un buon esercizio mentale. Lo è anche per chi dice che in Europa sta cambiando il vento: auguriamoci che non sia solo un po’ di arietta fresca.

3 commenti su “Cambia il vento in Europa?”

  1. Oddio, perchè mi viene in mente il raccontino della mosca e del bue? Quella che ferma sul corno del bue che ara, riceve una sua amica che le chiede: “Cosa stai facendo?” e risponde “Ariamo!”. Ecco…

  2. Credete che l’attuale PD possa vincere le elezioni ? ahaahahahahaahahahaahahha , da uno di sinistra da Sempre , ma che la prossima volta , se ci saranno i presenti dirigenti , non darà alcun voto

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