Hollande, la normalità e la fine dell’arroganza

Ha vinto un uomo normale. Ecco, dalla Francia arriva anche questa lezione, in particolare alla Sinistra italiana: non servono i papi stranieri, gli ominicchi (o i tappi) della Provvidenza, nuovi simboli e partiti. Serve solo una cosa: l’ottimismo della volontà. E dire che con la storia che abbiamo alle spalle, in cui un Gramsci certe cose le diceva oltre 90 anni fa, non ci sarebbe proprio nulla di cui stupirsi.

E invece ci stupiamo. Gioiamo per la sconfitta di Sarkozy, diventato il simbolo dell’arroganza europea in tandem con la Merkel, da italiani abbiamo già scommesso sul suo divorzio con Carlà (su, non ditemi che non avete fatto anche voi questa battuta a qualche amico), ma da uomini di Sinistra ci stupiamo.

O meglio, loro si stupiscono. Loro, la classe dirigente della Sinistra italiana degli ultimi 20 anni. Sempre quella, salvo i deceduti, che pensava che per rialzarsi dalle sconfitte bisognasse cambiare ogni 3-4 anni il nome e il simbolo al partito, scegliendo lo slogan e il marketing più orecchiabile e accomodante.

Francois Hollande ha sposato in campagna elettorale una linea che in Italia avrebbero (e hanno) definito suicida: un Pierluigi Bersani, per paura di apparire troppo comunista, certe cose non le avrebbe mai dette o fatte. Quale candidato della Sinistra italiana alla carica di Presidente del Consiglio, del resto, si sarebbe fatto introdurre al suo ultimo comizio con “Bandiera Rossa” e l’avrebbe concluso con “Bella Ciao“?

Nessuno. Sia mai, appunto, che non si intercetti il voto dei moderati (con l’unico risultato che da 20 anni inseguiamo il centro e continuiamo a perdere elettori alla nostra Sinistra, che nella migliore delle ipotesi non vanno a votare). E’ paradossale: in tutta Europa e nel mondo guardano con rispetto alla storia della Sinistra italiana, che per 40 anni è stata essenzialmente una, quella del più grande partito comunista d’Occidente, mentre gli eredi di quella storia se ne vergognano.

Come sito su Berlinguer abbiamo persone che ci hanno contattato da tutto il mondo (Cile, Messico, Australia, persino USA) per rendere omaggio alla figura di Enrico Berlinguer: lo ricordano in tutto il mondo, ho ricevuto persino un’email dal Sudafrica da un sindaco di una cittadina locale che ha una foto di Enrico nel suo ufficio perché quando tutti parlavano di Est ed Ovest, Enrico Berlinguer portava all’attenzione del mondo i problemi del Sud e fu quello che gli diede la speranza che un giorno le cose potessero cambiare.

E invece no, in Italia se ricordi la figura di Enrico Berlinguer sei un nostalgico, un passatista e altri aggettivi buoni solo per dimostrare che chi dice queste cose non ha argomenti. Noi sì, e sono basati pure sui fatti: la Sinistra non vive e non vince senza valori ideali.

Perché Enrico è ancora così amato, non solo in Italia? Per una ragione molto semplice: era una persona normale. Come disse Vittorio Foa, “in violento contrasto con l’immagine consueta dell’uomo politico.

Esattamente come Hollande, come Mitterrand, come Ed Milliband, come Obama. Non abbiamo bisogno di enfant prodige, né di Messia (tanto meno di Madonne): ci serve una persona normale, in violento contrasto. Così si combattono l’arroganza, la prepotenza, la corruzione e il sistema che le generano.

Nel 1979, Berlinguer rispose indirettamente ad Eugenio Scalfari che pretendeva che il PCI si unisse col PSI per andare al governo in questo modo:

Secondo qualcuno il nostro partito dovrebbe finire di essere diverso, dovrebbe cioè omologarsi agli altri partiti. Veti e sospetti cadrebbero, riceveremmo consensi e plausi strepitosi, se solo divenissimo uguali agli altri, se decidessimo di recidere le nostre radici, pensando di rifiorire meglio. Ma ciò sarebbe, come ha scritto Mitterrand, il gesto suicida di un idiota.

Ecco, in un’Europa in cui la Sinistra avanza ovunque (dalle presidenziali francesi fino alle amministrative inglesi e tedesche), in Italia siamo ancora in balia di fotografie, acronimi, giochetti e quanto di più lontano dalla normalità ci possa essere. Una volta Montanelli disse che bisognava turarsi il naso. Come gli rispose Enrico, ma non sarebbe ora di costruire una società che non sia un immondezzaio?