Sgarbi candidato sindaco? No, grazie!

Per il Tribunale Civile di Marsala, Vittorio Sgarbi è incandidabile in Sicilia, in seguito allo scioglimento di Salemi, Comune di cui il critico d’arte era sindaco. Viene dunque subito messo un freno all’intenzione di Sgarbi di candidarsi come sindaco di Cefalù.

Riepiloghiamo velocemente la vicenda di Salemi: da un rapporto delle forze dell’ordine, denominato “Salus Iniqua”, è emerso che da anni il Comune era sotto l’oscura egemonia dell’ “onorevole” Pino Giammarinaro, già sotto sorveglianza speciale.

Una veloce ricerca in internet presenta Giammarinaro come “politico e imprenditore italiano”, nonché tra i 100 uomini più potenti in Sicilia, a detta del mensile I Love Sicilia.
E, in effetti, ha un curriculum di tutto rispetto. Già nel 1994, pendono su di lui due mandati di cattura, uno per concorso esterno in associazione mafiosa e uno per corruzione e concussione: il primo spiccato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, l’altro dalla Procura della Repubblica di Marsala. Sfuggito alla cattura, resta latitante in Croazia e si costituisce dopo quasi due anni, alla frontiera italo-slovena. Riconosce la colpevolezza per i reati di corruzione, concussione, abuso d’ufficio e associazione per delinquere, quindi opta per il patteggiamento. Condannato a 1 anno e 10 mesi di galera.
Come purtroppo spesso succede, cade l’accusa di associazione mafiosa, per i stringenti vincoli probatori che la legge pone all’applicazione di questo reato. E’ lo stesso magistrato inquirente, Antonio Ingroia a chiedere l’assoluzione, constatando che “Questo processo rappresenta emblematicamente la distanza della verità processuale dalla realtà delle cose”.

Come puntualmente accade in Italia, già nel 2001 viene ricandidato, nelle fila dell’Udc, trovandosi in sintonia con Salvatore Cuffaro. (Chissà perchè…)

Insomma, dal rapporto risulta che Sgarbi, come altri sindaci prima di lui, non è stato che una marionetta nelle mani di tale Giammarinaro o, come lo chiamano gli “amici”, Pino Manicomio.
Sarebbe però un errore imperdonabile pensare a Sgarbi come una vittima, o comunque una pedina, esule da colpe.
L’assunzione di un incarico pubblico comporta delle responsabilità, che devono essere ben meditate prima di assumerle. Quindi, pur volendo pensare che Sgarbi fosse in buona fede, al momento della sua candidatura, su di lui possono comunque gravare delle responsabilità personali, per aver agevolato o favorito l’inquinamento mafioso dell’amministrazione. E queste responsabilità devono essere accertate.

Come già ho avuto modo argomentare su questo blog, in questi casi dovrebbe essere il senso dello stato, della legalità a guidare le scelte politiche, ancor prima della giustizia ordinaria.
Come può essere ricandidato, per di più in Sicilia, il sindaco di un comune sciolto per infiltrazioni mafiose e inquinamento della giunta? Al di là di responsabilità penali e amministrative, non dovrebbe essere questione di decenza, di morale fare un passo indietro e allontanarsi, almeno in attesa di una sentenza definitiva, dalla scena politica?

A quanto pare no, e Sgarbi come suo solito sbraita, fa ricorso al Tar, e minaccia denunce a querele a destra e a manca:
“Mi candido lo stesso, questa è solo la sentenza di primo grado e ce ne sono altre 3, l’appello, la Cassazione e la Corte di Strasburgo”

 

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