Quel proibizionismo che uccide la ricerca

Conosco l’LSD, non ho più bisogno di prenderlo. Forse farò come Aldous Huxley che lo chiese a sua moglie per sopportare il dolore dell’agonia per un cancro alla gola.

Albert Hofmann fu nel suo campo quello che si definisce un genio, ma verrà in ogni caso sempre ricordato per la sintesi della dietilammina dell’acido lisergico, meglio nota come LSD-25. Questa molecola nella nostra cultura ha avuto un significato enorme: il movimento hippie, musica e arte psichedelica, Goa in India ed esperienze mistico-religiose in tutto il mondo.

Come praticamente tutte le droghe, l’LSD mima l’azione di molecole che si trovano naturalmente nel nostro organismo, nel caso specifico della serotonina e della dopamina (due importanti neurotrasmettitori) causando un’alterazione della percezione della realtà, amplificazione dei sensi e dello stato d’animo, ovvero quello che in gergo viene chiamato trip. Può però portare ad aumento della temperatura corporea, secchezza della bocca, elevato livelli di zucchero nel sangue, psicosi persistente, flashback (o disturbo persistente della percezione) e bad trip. Non sono mai stati dimostrati effetti relativi all’astinenza, il consumatore sviluppa invece molto rapidamente un elevato livello di tolleranza (anche ad altri allucinogeni ma non alla marijuana) ma lo perde smettendo di assumere LSD per alcuni giorni. Effetti decisamente molto complicati, che si riscontrano nella loro completezza solo nell’uomo, animale dalla psiche altrettanto complessa.

L’LSD trovò ampio uso farmacologico in campo psichiatrico e psicanalitico, partendo dalla Svizzera (W. Stoll) e arrivando agli Stati Uniti (A. K. Busch, W. C. Johnson, S. Cohen, B. Eisner, H. A. Abramson, M. Rinkel, H. Osmond) passando per l’Inghilterra (R. Sandison), la Germania (W. Frederking, H. Leuner) e l’allora Cecoslovacchia (G. Roubicek, S. Grof). Il paziente è in grado di abbattere quelle barriere che lo dividono dal suo analista e dalla sua cura, scardinandone l’egocentrismo o facendo riemergere esperienze traumatiche sepolte dalla coscienza. Un rimedio estremo forse, ma a quei tempi le cure ufficiali per una patologia come la schizofrenia erano l’elettroshock e la lobotomia.

S. Grof e J. Halifax sperimentarono gli effetti dell’LSD su malati terminali di cancro. In questo caso la sostanza non ha un effetto analgesico vero e proprio come la morfina, ma è in grado di alterare a tal punto la psiche del malato da impedire al dolore fisico di raggiungere la coscienza, per settimane: una terapia del dolore alternativa e forse audace, ma i cui effetti benefici sono stati documentati già 35 anni fa. Il 9 Marzo scorso sulla rivista Nature è stata pubblicata una breve ma interessante retrospettiva sul trattamento dell’alcolismo cronico con un accenno anche allo studio di R. Griffiths sull’utilizzo della psilocibina (sostanza contenuta in alcuni funghi allucinogeni) su pazienti dipendenti da tabacco. Su Neurology del 27 Giugno 2006 si è caldamente consigliato l’approfondimento e l’estensione dello studio della psilocibina e dell’LSD nella terapia della cefalea a grappolo. Dall’editoriale di Lancet (la più importante rivista di pubblicazioni mediche al mondo) del 15 aprile 2006 Richard Horton denuncia come la legislazione proibizionista mondiale abbia creato gravi danni ad una ricerca seria e certamente fruttuosa sugli effetti terapeutici dell’LSD e della MDMA (ecstasy). In Svizzera questa ricerca la si fa da anni, inoltre un malato terminale può utilizzare sostanze stupefacenti sotto stretto controllo medico.

La politica di quasi tutto il mondo, per soffocare l’uso ricreativo delle sostanze psicotrope, ha finito per ucciderne l’uso terapeutico. Eppure è quella stessa politica che vende alla luce del sole alcol e tabacco e che si lava le mani di fronte alle atroci sofferenze fisiche e psichiche dei malati terminali o di chi ogni giorno, per lungo tempo, sperimenta il dolore acuto o cronico a causa di un’operazione chirurgica o di una malattia. Non è forse il nostro il Paese fra gli ultimi in Europa per accesso alla morfina? E che dire dell’epidurale, invenzione italiana di 80 anni fa (e giusto all’invenzione ci siamo fermati)? La politica e una certa opinione pubblica parlano di droga e non ne conoscono il significato, ignorano volutamente una malattia inutile, dannosa ma estremamente diffusa  come il dolore (15 milioni di persone in Italia: rapporto CU.P.I.DO.). Mi sembra ovvio che non si tratti questo tema per chiaro deficit di competenze e per non scontentare una parte di elettorato, così che, nell’ignoranza del perenne chissenefrega, ci si siede moderatamente sulle solite comodissime poltrone, a riempirsi la bocca di parole come ricerca e salute, senza preoccuparsi di dar loro una forma concreta.

Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit.

È nel controllo e non nel proibizionismo che si trova la chiave perché la malattia se non curabile diventi almeno una condizione dignitosa.

 

* Le informazioni di cui non è citata la fonte sono tratte dal libro LSD – My problem child di Albert Hofmann

3 commenti su “Quel proibizionismo che uccide la ricerca”

  1. Fa rodere il fegato il fatto che tutte le potenzialità di un Paese grande come il nostro siano state azzerate da un branco di delinquenti che dice di fare politica…

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