Non c’è nulla da festeggiare

A-E-I-O-U-Y. Così, ieri, il popolo di twitter aveva commentato le indiscrezioni di Ferrara e Bechis sulle possibili dimissioni di Berlusconi. Lui, l’uomo che si è fatto da solo, il super-uomo che ha dominato la scena della Seconda Repubblica italiana, ha smentito, ma oggi ha dovuto prendere atto che la sua maggioranza si è disintegrata sotto il peso di quel debito pubblico eredità proprio del suo padre politico Bettino Craxi e grazie alla spinta decisiva dei mercati.

A ben vedere, i veri artefici della caduta di B. sono proprio Ferrara e Bechis, che con le loro notizie spacciate per vere, hanno dimostrato che la situazione finanziaria dell’Italia sui mercati migliorerebbe senza Berlusconi Presidente del Consiglio. Anche l’ultimo scudo mediatico per rimanere aggrappato alla poltrona si è sciolto quindi come neve al sole. Ma Berlusconi ancora non si dimetterà, prima vuole far passare in Senato il maxi-emendamento su cui porrà la fiducia. Ennesimo tentativo di rimanere a galla per un altro mesetto e portare avanti una compravendita analoga a quella di un anno fa (sempre sia ringraziato il Presidente della Repubblica, così solerte a dare boccate di ossigeno al Cavaliere, che siano giudiziarie come il Lodo Alfano o istituzionali come l’attuale e quella precedente).

Ma anche qualora ci liberassimo finalmente del Berlusconi presidente del Consiglio, sarà possibile liberarsi di Berlusconi capo dell’opposizione? Se si andrà a nuove elezioni, certamente sì. E’ un uomo finito, almeno politicamente. Ma se il centrosinistra replicherà con un Governo come fu quello Dini (che lo ricordiamo, fu nominato da Scalfaro su proposta di Berlusconi, il quale all’ultimo cambiò idea e gli votò contro), state certi che il Cavaliere, passata a ‘nuttata, tornerà alla ribalta: perché se il suo potere politico si è disintegrato sotto il peso degli scandali sessuali, quello economico e mediatico sono ancora ben forti. E farà di tutto per vendicarsi dei “traditori”.

Quante volte era dato per finito? Eppure, sempre grazie al centrosinistra (pardon, a certa classe dirigente del centrosinistra) è sempre resuscitato come Lazzaro. Nel 1996, sconfitto da Prodi, isolato da Fini e Casini, inguaiato con la giustizia, fu promosso a padre costituente da D’Alema con la Bicamerale, “il fritto misto”, come la definì Montanelli. Bicamerale che anziché partorire una riforma istituzionale decente, partorì la Bozza Boato, ovvero il programma sulla giustizia scritto da Previti, ovvero il programma bocciato dagli elettori. Riabilitato agli occhi dell’opinione pubblica, il Cavaliere fa saltare il tavolo e D’Alema ritorna ad essere un semplice segretario di partito. Ma ci rimarrà per poco: prenderà il posto di Prodi imbarcando i transfughi di Cossiga, farà una legge sulle concessioni televisive che permetterà a B. di pagare solo l’1% del fatturato e affosserà la legge sul conflitto di interessi.

Morale: nel 2001 l’uomo dato per morto cinque anni prima diventa Presidente del Consiglio. Leggi ad personam e tutto quello che sappiamo affossano di nuovo l’immagine del Cavaliere. A fine 2005 il centrosinistra è avanti 10 punti sul centrodestra, esattamente come oggi. Poi si scopre che i vertici DS (D’Alema e Fassino) si impicciavano di banche con Consorte. Conseguenza: il centrosinistra perde il primato della Questione Morale, B. riesce quasi a fare il cappotto dicendo: “Vedete? Sono tutti uguali.”

Nel 2006 una serie di vittorie elettorali portano il Cavaliere all’angolo, Fini, Casini e Bossi lo scaricano. Poi al centrosinistra viene in mente che ci sono tanti compagni da salvare, quindi si vota l’indulto che B., pur avendolo preteso di 3 anni per salvare Previti, addossa al centrosinistra. Morale: sconfitte elettorali a go go. Non contento, quando nascerà il PD, Veltroni trasformerà un Berlusconi in rotta di collisione con Fini e Casini in interlocutore privilegiato sulla legge elettorale. I nanetti dell’Unione e della Cdl non ci stanno, alla fine lui si riprende il controllo del centrodestra, Veltroni darà la scusa a Mastella per far cadere il governo e, nel 2008, torna al governo, in maniera trionfale (vi ricordate le paginate dei giornali perbenisti come il Corriere?).

Ora, a fronte di un’alternativa inesistente, come pensate anche solo minimamente di poter festeggiare di fronte alla prospettiva di essere governati da un fantoccio di B. se si varasse un governo tecnico (o peggio, del Fondo Monetario Internazionale) o, peggio, si andasse ad elezioni anticipate con una coalizione che comprenda l’UDC piena di transfughi berlusconiani?

Pensate veramente che cambierebbe qualcosa? Che non ci saranno i Mastella di turno alla giustizia, gli inciuci, l’auto-referenzialità, oltre ad un berlusconismo strisciante che unito al trinariciutismo di partito porterà semplicemente ad una nuova evoluzione del modello populista-autoritario che affonda le sue radici in Mussolini e ha prosperato negli anni ’80 con Craxi? Negli ultimi 20 anni ci hanno martellato mediaticamente, modificando anche la nostra gerarchia di valori, traghettandoci in un nulla. Un’insensata corsa verso il centro, e quindi verso destra, per dirla alla Berlinguer, che ha portato alla mancanza di reale alternativa.

Il Berlusconismo politico può anche finire. E’ quello culturale, però, che sarà difficile da estirpare. Perché oramai è radicato nelle coscienze. E, soprattutto, in questa classe dirigente. Che non va spazzata via, ma deve avere la decenza di lasciare al passo a chi non si è mai compromesso (il che non significa che i giovani non lo siano, vedi Renzi con le sue gitarelle ad Arcore).

Oggi va colpita la continuità culturale di questo sistema. Se ci limitiamo all’aspetto politico, senza aggredire anche quello culturale, sociale ed economico, sarà tutto inutile. Il Berlusconismo si presenterà in una nuova forma. Così come esso è nato dalle ceneri del Craxismo, dalle sue ceneri nascerà qualcosa di peggio.

Perché quelli che hanno sostenuto Berlusconi sono ancora tutti lì. E non lo hanno fatto cadere per le leggi ad personam, a favore dei corrotti, dei collusi e dei prepotenti. Lo hanno fatto cadere per scandali sessuali che andavano contro la falsa morale perbenista di certa alta borghesia, troppo impegnata a tutelare la santa alleanza tra il trono e l’altare. Per me, in questi giorni, c’è poco da festeggiare. Festeggerò quando li vedrò tutti in galera e, soprattutto, ritroverò qualcuno “in violento contrasto con l’immagine consueta dell’uomo politico“. Come Enrico Berlinguer.