“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.”
Diceva così Paolo Borsellino, ucciso dal cancro della Repubblica italiana contro cui aveva intrapreso un’ estenuante battaglia. Parole contro il silenzio assordante dell’omertà, proprio di questo abbiamo bisogno. Le mafie, abituate a sussurri, a riti triviali, macabri e silenti, hanno paura delle parole. Le parole fanno luce, le parole rendono liberi, le parole sono i “kalashnikov” dei non violenti. Non è un caso che Roberto Saviano sia in cima alla lista nera dei mafiosi. Certo, non tutti toccano punte di liricità nello scrivere di sabbia e calcestruzzo, ma ognuno di noi può e deve fare la propria parte. E’ ora di piantarla di pensare che la mafia sia un problema del Sud, un fenomeno di folklore: ogni volta che su Facebook appare la pubblicità di un videogioco di mafia, io la chiudo segnalandola come “offensiva” e vi invito a fare lo stesso. La mafia non è un gioco, uccide, ammazza anche al Nord, produce vedove e orfani, come la guerra.
Wikileaks ha reso note le preoccupazioni dell’amministrazione americana: la politica italiana sarebbe troppo debole nei confronti delle organizzazioni criminali. Posto che gli Stati Uniti su molte questioni non sono nella posizione di impartici alcuna lezione, le riserve del governo americano sono in questo caso legittime: la lotta alla mafia non è tra le priorità di alcun partito, e questa continua i suoi luridi affari in tutto il globo.
Anche su questo possiamo e dobbiamo agire tutte e tutti, di destra, di sinistra e di centro.
E’ nostro dovere fare pressione sulle istituzioni, sui partiti che ci rappresentano, affinché la morte del sistema mafioso diventi la questione prioritaria per il governo, per il parlamento e per la società tutta.
E’ difficile. Molti di quelli che hanno dato la loro vita nella lotta alle mafie sono morti e quelli che lo fanno tuttora rischiano ogni santo giorno, mi si passi la ridondanza, di essere freddati a sangue freddo. Eppure se la politica non difende, non dà manforte ai magistrati e alle forze dell’ordine, eroi moderni, che ogni giorno lottano per lo Stato e la democrazia, questa politica si rivela totalmente inutile.
Sappiamo in realtà che pezzi di politica e addirittura di istituzioni vanno ben oltre a un atteggiamento passivo. Le connivenze tra Stato e antiStato sono troppo frequenti per parlare solo di qualche “mela marcia”. Le ombre sulle recenti primarie del centrosinistra napoletano gettano una luce inquietante su quella che doveva essere una prova di democrazia. E che su alcune delle figure istituzionali più importanti della Nazione ci sia solo il sospetto di un qualche rapporto con i mafiosi, mi riempie di orrore e mi dà la nausea. E fino a quando questi dubbi non saranno totalmente dissipati, non mi sentirò tranquillo.
Nessuno deve permettersi di dare dell’eroe ad un mafioso, tanto meno chi governa.
Eroi sono Borsellino, Falcone, Peppino Impastato, Don Ciotti, tutti i militanti di Libera, e chi ogni giorno lavora per sradicare la criminalità dal nostro Paese. Sogno un politico che ammetta di voler compiere un omicidio di Stato: quello della mafia. Un assassinio non violento però. Personalmente sono contrario anche al carcere duro, non c’è bisogno di Guantanamo per sconfiggere Al-Quaida, non c’è bisogno di negare la dignità a nessuno per ridarla a un intero popolo. La battaglia che dobbiamo intraprendere è culturale, politica, giudiziaria. Saranno sempre più violenti loro di noi.
Li dobbiamo ammazzare con la nostra intelligenza.
Daniel Rustici
Guardiamo tutti verso un punto e convergiamo su quello tutti i nostri malesseri e i nostri rancori, lo sdegno, lo sbigottimento, e tutti quei sentimenti di cui in questi giorni abbiamo imparato l’esistenza dalle bocche degli attori più disparati di questa commedia.
Ma mi domando quanto intorno a noi non si replichino certi meccanismi e siano ai nostri occhi tanto camuffati da normalità da non essere nemmeno avvertiti..
Si scuote dunque l’animo che sempre si è scosso di fronte a queste questioni, non si desta invece quello assopito e assuefatto di chi nel suo quotidiano convive ipocritamente con le stesse dinamiche e poi sul palco della testimonianza pubblica si dissocia; è come quello che guardandosi allo specchio non riconosce in se stesso il dittatore ma indottrina i militanti, che lui ritiene analfabeti, a combattere contro il dittatore. Un loop? Un pensiero circolare? Un corso e ricorso storico? Comincio a non vedere più la bontà nel fare tanti milioni di ascoltatori, quando prima si rappresentava un’alternativa e ora si è nel duopolio, quando le persone cominciano a fare propri i modi di vedere, di pensare, di parlare, il giudizio e la forma, la sostanza addirittura, e non si ascoltano idee nuove e diverse, e un’alternativa anche a se stessi.
Dunque, riesco a capire e scegliere da che parte stare se è con il sultano o contro il sultano, ma se diventa, con il sultano o con il giudeo….forse sono comunque contro.
Qualcuno molto intelligentemente disse che bisognava scradicare il “Berlusconi in noi”, già. Sai cosa, a volte l’ipocrisia è meglio della sfaccitagine di chi pensa di poter fare tutto e restare impunito.