Quella che sta per finire è stata una settimana caratterizzata dai movimenti di protesta degli studenti di tutta Italia, dei licei così come delle Università. Il motivo scatenante di queste manifestazioni, così ci è stato detto da giornali e televisioni, è da individuare nel ddl Gelmini che è passato il 30 novembre alla Camera.
Molti giornalisti sono rimasti stupiti da questi moti che hanno attraversato tutta la penisola, domandandosi quale fosse il motivo di cotanto fervore, dal momento che il ddl non faceva riferimento a riforme che riguardassero nello specifico gli studenti. Il disegno di legge in discussione alla Camera mette in atto misure che riguardano il sistema di retribuzione e assunzione dei docenti, non va a toccare interessi o diritti degli studenti universitari. Non voglio soffermarmi troppo sugli aspetti specifici del ddl, anche perché se n’è già molto discusso.
Quello su cui bisogna focalizzare l’attenzione è invece la comprensione dei reali motivi della protesta. L’esasperazione studentesca è diretta conseguenza delle situazioni che si trovano a dover affrontare giorno per giorno negli istituti scolastici. Nei miei cinque anni di liceo ho visto cambiare il preside quattro volte, i professori di matematica quasi uno all’anno (si trattava di un liceo scientifico) e di questi, un paio si facevano spesso aiutare dai loro alunni per risolvere esercizi e problemi, mascherando con qualche battutina sarcastica la loro incompetenza. Penso di non aver mai visto un rotolo di carta igienica, né il sapone; laboratori praticamente inutilizzati, aule computer senza computer, sistemi antincendio messi a posto dopo lavori di tre anni, caloriferi non funzionanti, spifferi dalle finestre, magazzini e aule chiuse lasciate in balìa della polvere. Poi si arriva in università. A questo punto ti trovi completamente spiazzato da un’incredibile sensazione di caos.
Provi a districarti tra le liane e le mangrovie della burocrazia d’ateneo (in media ci vogliono dai 6 mesi all’anno di tempo) per provare a capire quali corsi devi seguire, dove seguirli, compilare il piano di studi, pagare le rate con relativo ISEEU, senza trovare nessuno che abbia la competenza adatta a regalarti un minimo consiglio. A quel punto ti viene un’idea: provi a chiedere ai professori del tuo corso, proprio loro che si occupano di questi problemi e sempre presenti agli sportelli un pomeriggio a settimana. Peccato che anche in questo caso scopri la loro sconfortante impreparazione, che si traduce in risposte differenti o opposte riguardo il medesimo quesito posto a professori diversi.
Fortunatamente col tempo ci si abitua, si capiscono i meccanismi che ti permettono di andare avanti nella giungla, soprattutto grazie alla solidarietà dei colleghi, uniti tra loro da un senso di cameratismo, che si sviluppa come ovvia conseguenza allo spaesamento iniziale.
Potrebbe anche venirti la stravagante idea di andare a studiare in qualche biblioteca della tua università, ma scoprirai ben presto come i posti riservati ai giovani e volenterosi studenti siano spesso insufficienti, costringendoti ad aspettare che arrivi il tuo momento.
Analoga situazione si riscontra nelle aule dove si tengono le lezioni; in questi casi la corsa al posto inizia circa mezz’ora prima che il professore arrivi in aula. Se non sei stato abbastanza scaltro e rapido, passerai le prossime due ora a prendere appunti sul pavimento freddo, usando come appoggio solo le tue salde ginocchia.
Dunque, se si vuole comprendere veramente quali siano le cause che portano gli studenti a manifestare , basti pensare che questi sono solo alcuni dei problemi e, sicuramente, i più superficiali.