Il mistero buffo delle primarie

Domenica 14 novembre i cittadini di Milano saranno chiamati a scegliere, tramite primarie, il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra. Questi mesi di preparazione hanno dato luce a un ‘indegno spettacolo offerto a i milanesi da parte degli attori in gioco, a riprova di quanto si sia ben lontani dall’affrontare le elezioni comunali  con la lucidità  necessaria per interrompere un governo della città  da anni in mano alle destre.

Il primo a scendere in campo è stato Giuliano Pisapia, ex parlamentare indipendente di Rifondazione Comunista, avvocato penalista  famoso per aver difeso Arnaldo Forlani e la famiglia Giuliani, appoggiato in seguito da Sinistra Ecologia e Libertà e Rifondazione Comunista.  In seconda battuta è stato candidato Stefano Boeri, architetto, famoso consulente della Giunta Moratti per l’Expo (suo il masterplan), appoggiato da quasi tutta la dirigenza del Partito Democratico milanese, lombardo e nazionale.In seguito si sono aggiunti Valerio Onida, Presidente Emerito della Corte Costituzionale che raccoglie consensi  di alcuni dirigenti locali del Partito Democratico milanese e Michele Sacerdoti, di area ambientalista.

La prima polemica sorta è nata a riguardo della candidatura di Valerio Onida, che ha trovato il netto dispiacere di Riccardo Sarfatti, già candidato Presidente Regionale nel 2005 per l’Unione; si sarebbe preferito infatti, da parte dei democrats, avere una candidatura unica, quella indicata nella persona di Boeri. Questa situazione non sarebbe poi stata così enfatizzata, rientrando nell’ordine delle mille politics con cui viene infarcito il consumatore medio, se Riccardo Sarfatti non fosse precipitato in fondo al lago di Como, lasciando prematuramente la vita. Il seguito è stato un spettacolo di dubbio gusto, da stomaci resistenti: spesso si sono riscontrati inviti a ritirare la sua candidatura (molti dei quali sull’house organ telematico delPD, affaritaliani.it. ) in nome della buon’anima di Riccardo Sarfatti, come se il de cuius avesse lasciato un testamento politico (così enfatizzato appunto su giornali e da parte di molti dirigenti)

L’impressione che si riscontra da queste primarie  è quella di un istituto mutuato dagli Stati Uniti e mal adattatosi nel nostro paese, sia per volontà dei vertici di partito, sia per il dubbio uso con cui son state usate finora. Le versioni più divertenti sono quelle per designare gli organismi dirigenti trasformatesi in conta per le correnti o, come nel caso di Milano, “mostrare i muscoli” , rendere partecipe la cittadinanza della forza del proprio elettorato, impressionare con i numeri.

Anche in questo caso si è perso il senso, con la discesa in campo del Pd e di tutto il suo apparato dirigente locale, schiacciato con tutte le energie su Stefano Boeri.  Le primarie che vedranno designare il candidato sindaco del centrosinistra saranno solo una prova di forza degli apparati dei partiti in questione, senza il più che vago progetto di fondo. Certo, le parole d’ordine sono state “unità” e “il nemico è Letizia (Moratti)” ripetute come litanie scontate e prevedibili quasi messianiche dai principali esponenti del PD milanese, quasi a voler dimostrare la comunanza d’intenti nonostante l’eterogeneità del capitale politico in gioco. Legittimo, ma irreale. Irreale perché alle dichiarazioni d’intenti, com’è d’uso nel gioco delle politics, non seguono mai i fatti, anzi, vengono addirittura trascesi.

L’entourage di Boeri è infatti stato poco incline ad accettare il fatto che Davide Corritore, già candidato alle primarie per il sindaco di Milano nel 2006 e dirigente di spicco del PD milanese, abbia scelto di appoggiare Giuliano Pisapia. Evento che ha mostrato il netto sdegno dello stesso Boeri: “Corritore è un che corre di qua e di là” sarebbero state le sue parole. E’ stato poco coerente quando l’atteso evento di sabato 6 novembre al teatro Dal Verme con Pisapia e Vendola stava raccogliendo ampi consensi; Boeri chiedeva che non si registrasse una calata degli Unni (cfr. i segretari di partito e i dirigenti locali) quando lui stesso aveva già incassato gli endorsement del segretario nazionale PD Bersani e del suo vicesegretario Enrico Letta, del segretario regionale lombardo Maurizio Martina (Boeri è stato presentato nella serata dedicata al segretario nazionale alla Festa Democratica di Milano), una campagna spassionata di Pippo Civati (consigliere regionale lombardo nonché spin doctor della mozione Marino a livello regionale) più le varie adesioni delle ultime ore come Emiliano, Chiamparino, Zingaretti e Rosy Bindi. Nelle stesse ore, la dirigenza lombarda del partito democratico stava chiamando a raccolta i militanti per volantinare pro Boeri nelle fermate della metropolitana, con pettorina e rimborso biglietto ATM, stile Stramilano (la punzonatura, ci giurerei, l’avranno fatta i vari capobastone)

Se le primarie hanno dato il peggio agli occhi del cittadino milanese, si spera che dopo il 14 novembre inizi finalmente un percorso chiaro e leale sul governo della città; un percorso programmatico più che di politics. L’augurio è che non si sprechi l’occasione avuta con Ferrante 5 anni fa circa; all’epoca i punti percentuali di distanza erano minimi e la sinistra aveva nette possibilità di vittoria, in un contesto politico molto favorevole. Molti fattori ora sono diversi e rovesciati. Il lavoro è tanto e l’augurio è che si possa colmare questo distacco e cambiare finalmente Milano.