2011: dopo 150 anni l’Italia può cambiare?

Eccoci qui, mancano poche ore alla fine di questo 2010. Per la Sinistra bilancio amaro, lo diceva ieri Giorgio Pittella nel suo articolo, ma per l’Italia? Probabilmente ancora peggio, visto che perdiamo terreno in tutti i campi: politico, culturale, scientifico, tecnologico, energetico. Per non parlare dei diritti e della democrazia quotidianamente violentati, della libertà di informazione e di espressione sempre più ridotte ad un lumicino in quella coltre di nebbia fatta di povertà, miseria e ignoranza che affliggono l’Italia del 2010 e che, molto probabilmente, continueranno a farlo anche nel 2011.

Siamo una nazione da centocinquant’anni, una democrazia da poco più di 60: il dato drammatico è che sin dal 1861, chiunque volesse radicalmente rivoltarla come un calzino questa Italia che ha dato i natali a Dante, Machiavelli, Manzoni e tutti i grandi che ancora ci rendono onore, ha regolarmente perso battaglie, guerre e singolar tenzoni. Non mi riferisco a quelle politiche, ma a quelle culturali.

Perchè nel 1861 abbiamo realizzato l’Unità Politica dell’Italia, non certo quella Culturale: chi ci ha provato, ha miseramente fallito. Del resto, l’arte del Cambiamento, diceva Machiavelli, è la più difficile di tutte, perchè i conservatori sono sempre la maggioranza. E purtroppo questa maggioranza riesce a sfruttare a suo vantaggio povertà, ignoranza e miseria che dovrebbero portare un popolo degno di questo nome a ribellarsi o quanto meno darsi da fare per porre le basi di quel Cambiamento.

Con una disoccupazione all’8,7%, con 4 giovani su 5 che non riescono a trovare lavoro, con 600.000 lavoratori colpiti nei primi 11 mesi del 2010 dalla cassa integrazione, a fronte delle terze tasse più alte del mondo (43,5%) e del terzo debito pubblico del mondo (120% del PIL, 1815 miliardi di euro circa), c’è poco da stare allegri. Soprattutto per la fuga di quei cervelli che poi realizzano brevetti e scoperte scientifiche all’avanguardia all’estero, dove vengono giustamente super-pagati e messi nelle condizioni di lavorare (a dimostrazione del fatto che questo non solo non è un paese per giovani, ma nemmeno per i più meritevoli).

Il tasso di mobilità sociale (ovvero la possibilità, per esempio, che il figlio dell’operaio diventi manager d’impresa o comunque sia economicamente e socialmente avanti rispetto al proprio padre) è bassissimo, la fantomatica società meritocratica (parità di accesso e condizioni di partenza, ha successo chi si dà da fare), unica vera possibilità per evitare la tanto vituperata lotta di classe (che esiste tutt’ora, sono semplicemente scomparsi i rappresentanti tradizionali) un miraggio.

Imperano corruzione, clientelismo, affarismo e commistione tra pubblico e privato. Per non parlare dei legami tra economia e politica e di entrambe con la criminalità organizzata. In una parola Questione Morale, Questione Meridionale, Questione Legale.

Sul fronte della tutela dei beni culturali, i crolli di Pompei sono eloquenti, così come sono eloquenti le demenziali proposte di privatizzare tutto (dimenticandosi che il pubblico ha fini sociali, il privato solo il profitto).

C’è qualche speranza? Diceva Enrico Berlinguer: “Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia.”

Dunque la speranza siamo noi. La speranza risiede nella nostra capacità di immaginare, progettare, praticare una nuova idea di società, di politica e di Italia, che potrà pur non godere di grandi consensi all’inizio, ma che sul lungo periodo sono vincenti. Forse il 2011 non segnerà alcun cambiamento positivo, ma bisogna sempre ricordare che il Cambiamento è un’opera corale, una lotta comune. Che si vive e si va avanti solo se si sta insieme e non da soli. La prima regola per poter cambiare? Dare l’Esempio. A furia di predicar bene e di razzolare ancora meglio, i consensi cresceranno.

Perchè anche la notte più buia ha una fine segnata dall’alba di un nuovo giorno. Buon 2011 a tutti.