Letta, il coraggio che manca

Ci troviamo di fronte ad un bivio. La cosa preoccupante è che non è la prima volta. Bisogna scegliere se percorrere una strada nuova (relativamente) o imboccare il solito imbarazzante sentiero, quello delle alleanze a tutti i costi, pur di non far vincere la destra.

Diciamocelo, quest’ultima è stata la soluzione più adottata praticamente negli ultimi 20 anni (ma anche di più). Ciò che da tale strategia è stato partorito è stato un mostro ogni volta peggiore, un ibrido senza testa, senza cuore, senza anima, che ha fatto più danni che altro.

Non che le premesse facciano pensare che questa volta le cose possano andare diversamente: in un’intervista a Repubblica, Letta ha detto di auspicare un asse con Speranza, Di Maio, Renzi, Brunetta e Calenda. Affermazioni che non hanno bisogno di alcun commento.

Eppure, c’è un’altra strada. Quello che manca è il coraggio di percorrerla. Ormai, dopo le esperienze degli ultimi anni, non regge più nemmeno la scusa di far fronte comune contro l’avversario di turno. Le evidenze mostrano come questi ‘organismi politicamente modificati’ hanno creato danni sociali importanti, danni su cui ha trovato terreno fertile la propaganda meloniana.

Questo significa dover lasciare campo libero alle destre? No, ovviamente. Ma bisogna cambiare modo di pensare. Bisogna far vedere le cose da un punto di vista diverso. Bisogna far capire che la contrarietà delle destre ad una patrimoniale, ad esempio, non significa che vogliono tutelare i risparmi di tutti, ma indica, invece, quali interessi stanno davvero proteggendo. E la sinistra non deve seguire questa strada. Bisogna smettere di accarezzare gli imprenditori per tenerseli buoni. Bisogna smetterla di essere ostaggi: questo significa ricatto sulla pelle del popolo.

Senza gli imprenditori e gli investitori non ci sarebbe lavoro, potrebbe dire qualcuno. C’è un fondo di verità in questo: ma bisogna smettere di lasciar comandare loro. Bisogna avere il coraggio di dire basta. Perché dietro alla propaganda della destra, si nasconde un classismo vergognoso: quello che loro chiamano assistenzialismo agli strati di popolazione più in difficoltà, per noi si chiama giustizia sociale. Ma questo loro non possono (vogliono?) capirlo, perché il popolo in difficoltà è più controllabile e, soprattutto, più ricattabile.

Bisogna avere il coraggio di percorrere una strada nuova. Ma è davvero così nuova? Forse, bisogna solo riscoprirla. In queste circostanze, ciclicamente, viene citato Enrico Berlinguer e le sue parole ‘casa per casa, strada per strada’ (dimenticando puntualmente ‘azienda per azienda’, ma tant’è). Viene solo citato, eh, mica messo in pratica, per carità. Ecco, metterlo in pratica sarebbe già un buon punto di partenza. Quello che manca è infatti proprio il senso profondo di quell’insegnamento: l’empatia che bisogna avere con il popolo, un’empatia che nessuno ha mostrato di avere. Briciole di speranza si possono trovare a livello più locale. Bisogna trovare il modo di cristallizzare e catalizzare queste briciole fino a farne almeno una mollica di pane.

Bisogna lottare. C’è un’altra strada da percorrere. Sicuramente è più complicata. La maggior parte dei panorami più belli, però, si ammirano dopo una strada difficile. Bisogna scalare, affaticarsi. Ma, una volta in cima, in fondo a questa strada, sarà stupendo ammirare il sol dell’avvenire.