La teoria #gender non esiste (l’#omofobia sì)

La gallina va col gallo o con un’altra gallina?

Dice un’insegnante alla sua classe in un liceo di Napoli. Le “galline” in questione sono due studentesse omosessuali. Una di loro, giusto per farle capire chi comanda, è stata anche picchiata dal padre. Entrambe dicono di essere state minacciate di stupro per riportarle sulla retta via, non sia mai che si metta in dubbio la virilità del liceale medio.

Un paio di anni fa l’Istituto Beck, col patrocinio del Ministero per le Pari Opportunità e dell’UNAR, aveva prodotto tre opuscoli informativi dal titolo “Educare alla diversità a scuola“. Niente più che uno strumento per gli insegnanti per poter discutere con bambini e ragazzi di omofobia, transfobia e sessismo. Alcuni, non sapendo leggere, hanno costruito intorno a una timida campagna anti-bullismo la bufala dell’ideologia gender. L’analfabetismo di ritorno, si sa, produce mostri. Come questo spot dell’associazione Pro Vita che ci fa capire cosa succede a far accoppiare le fiction di Mediaset con le telenovelas venezuelane degli anni ’80:

 

Gli opuscoli sono stati pensati per creare un ambiente scolastico il più inclusivo possibile: per quei bambini che hanno due genitori dello stesso sesso, per quei maschi a cui non piace giocare a pallone e per quelle femmine a cui non piacciono le bambole, per gli adolescenti che si scoprono omosessuali o bisessuali e non hanno bisogno di sentirsi dire che fanno schifo o sono infetti. Ci sono poi quelli che non si sentono a loro agio col proprio sesso biologico, o quelli che sono nati intersessuali. Sembrerà incredibile, ma tutte queste persone vanno a scuola e non si capisce perché parlare della loro esistenza dovrebbe creare turbamento nei compagni di classe. Non c’è traccia, invece, di propaganda atta a creare un esercito di uomini di mezza età che girano per strada in tanga, né tantomeno erano previste lezioni sulla meccanica del sesso orale ai bambini delle elementari.

Per circa un anno giornali di area cattolica e conservatrice hanno raccontato balle su balle. Hanno inventato un nome (ideologia/teoria gender) e l’hanno associato a una presunta propaganda portata avanti dalle associazioni LGBT allo scopo di plagiare i giovanissimi e distruggere la sana tradizione etero occidentale. Quando però si fa notare che di balle si tratta, l’intera comunità LGBT viene accusata di fascismo e vittimismo. Negli Stati Uniti la parola vittimismo è di uso sempre più comune nei dibattiti politici, serve a sollevare da ogni responsabilità coloro che discriminano: così per i neo-con, i bianchi sono diventati vittime del vittimismo nero. Vi ricorda qualcosa? A me sì. Mi ricorda un signore che divenne ministro nella Germania degli anni ’30, il quale si intendeva molto bene di comunicazione e accusava spesso gli altri di fare uso di intimidazioni e propaganda ideologica. Poi quegli altri finirono nei forni, ma è storia passata. Noi ci limiteremo a dare una pacca sulla spalla ai bulli, come al liceo di Napoli.